Giornalisti uccisi nel mondo

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Il Rapporto Unesco nella Giornata mondiale per mettere fine all’impunità dei crimini contro i giornalisti, mostra che negli ultimi due anni il 55% delle uccisioni di giornalisti è avvenuto in zone non conflittuali: i giornalisti cioè non hanno perso la vita sotto le bombe o raggiunti da armi da fuoco mentre svolgevano il loro servizio come inviati, ma mentre erano impegnati nel loro Paese a rivelare scandali, verità nascoste, notizie sgradite ai potenti, ai criminali, ai corrotti e a quanti fanno affari con l’illegalità.

I Paesi con il più alto tasso di vittime tra i giornalisti sono gli Stati Arabi, seguiti da America Latina, Caraibi, Asia e del Pacifico. L’Unesco, registra tuttavia un calo del numero di omicidi nei primi 10 mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con 44 omicidi di giornalisti segnalati al 30 ottobre 2019, rispetto ai 90 della stessa data del 2018.

La Giornata mondiale per mettere fine all’impunità dei crimini contro i giornalisti, è stata indetta dall’ONU nel 2013 in memoria dell’omicidio di due reporter francesi uccisi in Mali. Un fenomeno, quello dei delitti contro la stampa, che purtroppo prima di questa data, voluta soprattutto per sensibilizzare e denunciare, ha visto numerosi precedenti.

Difendere i giornalisti diventa importante per difendere il valore della vita umana ma anche per difendere la libertà di stampa, di informazione e di espressione.

La speranza

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La speranza
è la più umile delle virtù,
perché rimane nascosta nelle pieghe della vita,
ma è simile al lievito che fa fermentare tutta la pasta.
Noi la alimentiamo leggendo sempre di nuovo la Buona Notizia,
quel Vangelo che è stato “ristampato”
in tantissime edizioni nelle vite dei santi,
uomini e donne diventati icone dell’amore di Dio.

Anche oggi è lo Spirito a seminare in noi
il desiderio del Regno, attraverso tanti “canali”
viventi, attraverso le persone che si lasciano
condurre dalla Buona Notizia in mezzo
al dramma della storia, e sono come dei fari
nel buio di questo mondo, che illuminano la rotta
e aprono sentieri nuovi di fiducia e speranza.

Papa Francesco


Un’esperienza lunga quarant’anni

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La mia vocazione alla vita paolina è stata una grande scoperta perché non avevo mai visto né sentito parlare in India delle Figlie di San Paolo. Oggi, a distanza di tanti anni, mentre penso alla strada percorsa, ringrazio Dio per le «abbondanti ricchezze di grazia e di misericordia» che ho ricevuto.

Dentro di me il seme della fede e il desiderio di essere una “missionaria” sono stati forti sin della giovinezza; per questo non avevo paura di affrontare i sacrifici, che tra l’altro non sono mai mancati. Ho scritto alle Figlie di San Paolo di Mumbai esprimendo il desiderio di conoscerle, e loro mi hanno invitato ad andare a “vedere”.

Ricordo ancora la partenza dalla stazione accompagnata da tutta la mia famiglia. Di quel giorno due cose sono rimaste scolpite dentro di me: il silenzio assoluto e le lacrime di mio padre. La mia partenza mi richiamava quella di Abramo perché non sapevo dove sarei andata, cosa avrei incontrato… Non conoscevo nessuno e non conoscevo la lingua. Una voce interiore, straordinaria, mi diceva: “Vai avanti! Se vuoi essere una missionaria non devi aver paura”. Era il 10 giugno 1970, e per la prima volta viaggiavo in treno: tre giorni e tre notti, come il profeta Giona nel ventre del pesce. All’arrivo, mi aspettavano le suore.

L’inizio della mia vita paolina è stato segnato da tanta semplicità, gioia e fervore. Subito dopo la professione sono stata chiamata come responsabile della tipografia e poi come maestra delle postulanti.

“Vai, la mia missione non ha confini”

Un secondo appello del Signore è stato quello di fare l’infermiera, lasciare ancora una volta il mio popolo e la mia terra, l’apostolato specifico delle Figlie di San Paolo, per recarmi in Italia, all’Ospedale Regina Apostolorum di Albano. Questa chiamata, all’interno di un’altra chiamata, ha ribaltato tutte le mie aspettative. Sono rimasta senza parole, mi sono sentita come il piccolo Davide davanti al gigante Golia. Piccola, povera, insufficiente, confusa. Mi domandavo: “Perché devo servire in una missione che non è quella che ho scelto tra le Figlie di San Paolo?”. Allora si è fatta sentire una voce gentile nel mio cuore: “Non temere, io sono con te; vai, la mia missione non ha confini”.

Così nel 1987 sono partita ancora una volta dalla mia patria, dal mio popolo, dall’apostolato che amavo tanto. Ho capito che lo Spirito apriva per me un’altra strada, perché è il Signore che muove ogni cosa e chiede una dedizione incondizionata e totale a chi s’impegna a seguirlo. È stato davvero un camminare sui suoi passi, donare la vita per le sorelle e fratelli con coraggio, pazienza e amore.

Essere infermiera paolina in un reparto di onco-ematologia ha richiesto molto sacrificio. Mi ha fatto misurare il limite e l’impossibilità di aiutare a guarire. Il contatto con la sofferenza però è stato anche molto fruttuoso: sono diventata più paziente e ho capito il valore di vivere accanto a chi soffre. La malattia cambia la vita delle persone: «Quando sono debole, è allora che sono forte» dice san Paolo. Ho avuto la possibilità di accompagnare molte persone nell’ultimo tratto della loro esistenza, imparando tanto dai malati e dagli stessi colleghi di lavoro.

Come un ruscello

«Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me»: questa Parola ha illuminato la mia strada. Oggi, a distanza di quarant’anni dalla mia prima professione religiosa, devo dire che mi sento ancora all’inizio della strada che porta alla meta. Spesso, mentre medito davanti al tabernacolo, penso e mi immedesimo nella vita di un ruscello che parte dalla sorgente, dalle montagne, attraversa paesi lontani e diversi, raggiunge il mare. Mi ritrovo proprio come un ruscello di fronte al Maestro che dice: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò». Il mio desiderio è quello di abbandonarmi completamente a Lui per essere trasportata verso la grande meta.

Rose Melkulangara, fsp

Dalle Azzorre alla California… per lasciarmi trovare da Dio

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Una piccola isola nell’immensità dell’Oceano Atlantico, un pezzo di terra (soltanto 67 km2), un puntino su una mappa. È incredibile dove Dio mi ha trovata chiamandomi tra le Figlie di San Paolo. Le parole di Isaia sembrano proprio indirizzate a me: «Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome» (Is 49,1).

Sono nata nella città di Horta, nell’Isola di Faial, nell’arcipelago delle Azzorre, che appartengono al Portogallo; qui i miei genitori mi hanno introdotta alla vita di fede con il battesimo. Nel 1956 un vulcano eruttò sulla parte settentrionale della nostra isola, coprendo di lava e sabbia il villaggio vicino e costringendo gli abitanti alla fuga. Molti emigrarono negli Stati Uniti; tra questi i miei nonni e altri parenti, che si stabilirono in California. I miei genitori si unirono a loro più tardi, assieme ai loro cinque figli, dai 2 ai 13 anni di età (Germana, Armanda, Grace, John, Maria). Così lasciammo le Azzorre, un luogo di poca terra e molto mare, per la California, terra di ampi spazi e cieli soleggiati.

Negli Stati Uniti ci inserimmo rapidamente, e i miei genitori lavorarono duramente per sostenere la famiglia.

La vocazione

Ricordo bene quel sabato pomeriggio, quando ho “incontrato” le Figlie di San Paolo. Era dopo pranzo, lavavo i piatti e ascoltavo la radio. Una suora, una Figlia di San Paolo, parlava della vita religiosa e, alla fine, invitò le giovani ad andare, il giorno successivo, nella loro comunità per un ritiro.

Non avevo intenzione di farmi suora, ma qualcosa nella voce di quella suora, nel suo messaggio e nel suo invito mi avevano incuriosita. Così, il giorno dopo, la mamma accompagnò mia sorella Armanda e me al convento, fermandosi in cappella a pregare…

I mesi che seguirono furono contrassegnati dalla confusione e dalla lotta interiore: da un lato, sentivo un forte amore per Dio e per le cose di Dio; dall’altro, avevo un’idea diversa del mio futuro: desideravo studiare, avere una famiglia, imparare lingue, viaggiare…

Con esitazione, e incoraggiata dalla mamma, decisi di entrare in postulato per vedere ‒ tempo un anno ‒ se “mi piaceva”. Avevo sedici anni. Quell’anno non è mai finito. E oggi, dopo 44 anni trascorsi come Figlia di San Paolo, posso dire con convinzione che Gesù Maestro mi ha offerto il dono della vocazione paolina ed è rimasto con me, camminando con me, offrendomi la gioia di vivere questa grande avventura!

Gli anni della formazione e di molta attività

Durante il periodo di formazione iniziale ho seguito gli studi e lavorato nell’apostolato tecnico.

Siccome ero giovane e alta, pensavano che avrei potuto lavorare in legatoria, alla macchina piegatrice, ma mancavo di abilità meccanica e di praticità, per questo ben presto mi trasferirono al reparto di composizione e correzione di bozze. È stato meraviglioso poter comporre e leggere tanti libri.

Durante i primi anni di formazione mi è piaciuto molto leggere la vita di don Alberione, di Maestra Tecla e di tutti i nostri “santi”. Tutto quello che imparavo riempiva il mio cuore di gioia e serenità. L’adolescente che aveva dubitato della sua vocazione è stata lentamente corteggiata e “catturata” dalla bellezza del carisma paolino. Questo amore per la nostra spiritualità e missione, riccamente seminato nel terreno del mio cuore giovane, è rimasto con me assieme al desiderio di condividerlo con gli altri. È stato un regalo meraviglioso!

A ventotto anni, mi è stato chiesto di diventare formatrice delle pre-postulanti e, quattro anni più tardi, di studiare psicologia presso la Pontificia Università Gregoriana, a Roma. Al ritorno, negli Stati Uniti sono diventata formatrice delle novizie e poi delle juniores.

Sono stata anche superiora provinciale per due mandati e, quando ho terminato, mi è stato fatto il dono di un anno di rinnovamento e di aggiornamento teologico.

Una nuova stagione della vita

Ero pronta per iniziare una nuova fase della mia vita paolina, più strettamente apostolica, ma ho dovuto prendermi cura della mia mamma per tre anni. Quando lei è morta, ho scoperto di avere un cancro al seno. Altro che ritorno all’apostolato! Ho subito un trattamento piuttosto aggressivo, fatto di chemio e radiazioni.

Ho imparato molto cose, soprattutto che la vita è fragile e preziosa allo stesso tempo. Dopo, ero piena di ottimismo e di energia. Finalmente avrei potuto realizzare il sogno di andare in una delle nostre comunità e lavorare nell’apostolato della diffusione. Sono stata felice in libreria, a contatto con la gente, per ascoltare le loro storie e condividere la Parola di Dio. Io credo che i nostri centri apostolici portano Cristo al “market place,” proprio dove è la gente!

Anche mia sorella Armanda, Figlia di San Paolo come me, ama l’apostolato della libreria, dove esprime i suoi talenti. Io sono molto fiera di lei, di tutto quello che è stata in grado di realizzare nella nostra congregazione.

I miei giorni scorrevano sereni ed ero molto felice. Ma non è durato molto… Una telefonata dalla superiora generale e un invito: trasferirmi a Roma per lavorare nel Segretariato internazionale della formazione e studi (Sif).

Non è stata semplice quest’obbedienza perché significava lasciare la provincia degli USA, la nuova comunità e l’apostolato che mi dava tanta gioia, in un periodo in cui la mia salute era ancora precaria. La fatica si è trasformata in molte benedizioni. La comunità della Casa generalizia mi ha offerto accoglienza, un clima di fervente preghiera, la buona compagnia delle sorelle ed esempi di santità paolina in azione.

E, grazie al Sif, ho l’opportunità di stare con le sorelle che si preparano alla professione perpetua, di testimoniare e condividere la bellezza della nostra vita consacrata paolina.

E così, quell’adolescente che voleva studiare, viaggiare, avere una famiglia e imparare nuove lingue ha visto realizzare tutti i suoi desideri in modo unico e arricchente!

Attraverso momenti felici e anche difficili, ho sperimentato la costante, fedele, gentile presenza del Divin Maestro che mi ha sostenuta e mi ha sempre dato quella gioia e quella pace che il mondo non può dare.

Oggi, nel 40° anniversario di professione, posso dire con convinzione che sono profondamente felice.

Questi anni sono stati una straordinaria storia di fedeltà da parte di Dio, che mi ha “accompagnata” e sostenuta nella vita paolina.

Magnificat!

Germana Maria Santos, fsp

Ricordi indelebili

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Sr M. Letizia PanzettiCentro Paoline Multimedia, Roma

Tra i ricordi indelebili del mio cammino vocazionale vi è una navata semibuia della splendida cattedrale gotica della mia diocesi, Crema, dove mi rivedo seduta in un banco, a leggere appassionatamente le Lettere di San Paolo. Non ricordo cosa comprendessi delle parole di Paolo, solo ricordo la mia emozione. Quel piccolo libro, dalla copertina rustica, con impressa una immagine dell’Apostolo, è stato il faro di luce che ha illuminato la mia strada. Avevo 14 anni e frequentavo la scuola media, percorrendo ogni giorno 12 km in bicicletta, dal mio piccolo paese fino a Crema. Un giorno, uscendo dalla scuola, mi colpirono due suore che stavano aprendo la porta di una piccola libreria. Sì, era davvero una libreria… L’associazione “suore” e “libreria” mi risultò assolutamente nuova e molto interessante. Così, ogni giorno uscivo correndo dalla scuola per poter vedere le suore e scambiare qualche parola con loro. Mi invitavano a pregare, cercavano di spiegarmi la bellezza della vocazione paolina, e un giorno… mi regalarono le Lettere di San Paolo. Da allora Paolo mi ha fatto una ininterrotta compagnia. Credo in sincerità che tutta la mia vita, pur con un sacco di limiti e di errori, è stata illuminata, guidata, confortata, salvata dal mio padre e amico san Paolo.

Quando entrai in congregazione ad Alba, si respirava un clima di gran fervore; ogni settimana giungeva qualche giovane a ingrossare le file. C’era una grande attività in tipografia e legatoria; e ci avevano inculcato il valore del lavoro e la sacralità dei luoghi di apostolato. Superando il rumore delle macchine, con voce molto alta, la capo reparto intonava di tanto in tanto delle giaculatorie.

Non dimenticherò mai la gioia e la dolcezza che provavo al pensiero che stavo lavorando per produrre libri che parlavano di Dio alla gente.

Frequentemente il Fondatore visitava la grande comunità di Alba che si radunava per ascoltare la sua meditazione. Era un momento magico per noi postulanti. In quegli anni, una delle scuole più affascinanti per me fu quella su san Paolo. La Maestra spiegava, noi prendevamo appunti; non avevamo nessun libro, se non le Lettere. Prima di iniziare la lezione era tradizione che si ripetessero a memoria alcuni versetti di una lettera paolina, in latino… Grazie a quel metodo mi ritrovo ora con la sorpresa di ricordare a memoria quasi tutta la Seconda lettera di Paolo a Timoteo.

Il mio noviziato a Roma si concluse con la professione nelle mani di don Alberione; era la prima professione celebrata nel Santuario Regina Apostolorum, appena consacrato.

Sr M. Letizia con sr M. Ida Conti e sr Timothy al SIA e una collaboratrice

Durante gli studi di filosofia e teologia, avevamo dei momenti di esperienze apostoliche: la propaganda estiva, in una casa filiale; le settimane bibliche e catechistiche; i primi lavori redazionali. Mi sarebbe piaciuto scrivere e mi dicevano anche che ne avevo la stoffa, ma le vie di Dio mi portarono invece a dedicarmi di più all’animazione e formazione apostolica e alla diffusione. Dal noviziato in poi, per più di vent’anni anni ho lavorato con sr. Assunta Bassi, vera “maestra” di vita e di apostolato paolino. Ho imparato moltissimo da lei, in numerosi incontri formativi di apostolato, su e giù per l’Italia, nei momenti tanto belli della nostra espansione; ho seguito direttamente la nuova esperienza della propaganda collettiva; le grandi mostre, come la “Mostra della Chiesa” voluta da don Alberione in occasione del Concilio; l’accompagnamento delle librerie dove cominciavano a svilupparsi l’audiovisivo e le video, dopo il tramonto del 16mm. Ho anche fatto un’esperienza interessante per quattro anni all’allora Centro “Ut unum sint”, che mi ha dato conoscenze e mi ha aperto orizzonti in campo ecumenico.

Nel 1985 il passaggio al Segretariato internazionale di apostolato (SIA), dove, insieme a sr. Gloria Bordeghini, una sorella “esplosiva” nelle idee e nel fervore, abbiamo vissuto una concreta collaborazione con il Governo generale e con le sorelle del mondo. L’organizzazione degli Incontri continentali di apostolato-economia, che si sono succeduti dal 1986 al 2003, ci ha dato la possibilità di approfondire temi di apostolato e di imparare molto dalle esperienze apostoliche delle Paoline dei vari paesi. L’intimo movente per me, in questi cammini apostolici, era il «Guai a me…» di san Paolo, cioè l’imperativo di annunciare il Vangelo, sempre puntando in avanti; e dando solidità spirituale ad ogni opera.

Un intermezzo apostolico che ci appassionò fu quando sr. Maria Cevolani, superiora generale, ci incaricò di studiare il progetto e di accompagnare l’apertura di un Centro apostolico internazionale in Roma, che fu poi il Centro Paoline Multimedia.

Centro Paoline Multimedia

Nel 2004 mi è stata data l’opportunità di approfondire, insieme ad ottime sorelle, il tema della collaborazione dei laici nella missione paolina. Quello che ho appreso e sperimentato in quel lavoro mi risulta molto prezioso oggi, in Spagna. Infatti qui nelle nostre 5 librerie condividiamo la missione con i collaboratori laici e li accompagniamo con la formazione, perché partecipino come laici al carisma, assumano maggiori responsabilità apostoliche e diano qualità alla missione.

Qui godo per le belle realizzazioni della nostra editrice; e soprattutto mi commuove la dedizione di vita delle mie sorelle. Guardo indietro ai miei 50 anni e più di vita paolina. Quando Iddio mi chiederà di sciogliere le vele, desidero ripetere, con il mio amato san Paolo, il suo atto di fede, quello che mi ha sostenuto ogni giorno: «So in Chi ho messo la mia fiducia». E non mi basteranno le parole per ringraziarlo.

Sr M. Letizia Panzetti, fsp

«Manda me!»

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Sesta di undici figli, ho ricevuto il dono della fede attraverso i miei genitori, una fede aperta al Dio dell’amore e della fedeltà. Fin dall’infanzia i miei genitori mi hanno insegnato a pregare ogni giorno.
Sr Emma Marie Umurerwa RuhungaRuanda

Mi chiamo Emma Marie Umurerwa Ruhunga, sono di nazionalità ruandese e faccio parte della comunità paolina di Abidjan, in Costa d’Avorio. Il Ruanda è uno Stato dell’Africa orientale che confina con la Repubblica Democratica del Congo, l’Uganda, la Tanzania e il Burundi. Sono nata nel 1951 in Ruanda ma, per varie circostanze, nove anni dopo la mia famiglia lasciò il paese e si trasferì nella Repubblica Democratica del Congo, dove sono cresciuta. Dal 1995 la mia famiglia è tornata in Ruanda.

Sesta di undici figli, ho ricevuto il dono della fede attraverso i miei genitori, una fede aperta al Dio dell’amore e della fedeltà. Fin dall’infanzia i miei genitori mi hanno insegnato a pregare ogni giorno. L’andare in chiesa, il rosario alla Madonna, l’amore verso il prossimo, l’attenzione particolare verso gli anziani, i sofferenti, i poveri sono stati l’ambiente di fede e di carità che ho respirato fin da piccola. La mia mamma era capace di rinunciare anche al necessario per donarlo ai più bisognosi, atteggiamento che ha conservato fino ad oggi.

Con il trascorrere degli anni andava crescendo in me il desiderio di Dio, del suo amore fedele. Nel mio cuore era racchiusa una grande sete di Assoluto. Mentre però questo Dio mi chiamava a seguirlo più da vicino, io chiudevo l’orecchio alla sua voce e al suo invito. Volevo gestire da sola la mia vita. Solo più tardi ho capito che Dio era paziente e che per realizzare il suo disegno su di noi ci guida per sentieri sconosciuti. Nella mia parrocchia ho conosciuto le Figlie di San Paolo.

Giorno dopo giorno andavo scoprendo la ricchezza e la profondità della Parola di Dio. È nato così il desiderio di consacrarmi a Lui. Nel 25° anniversario della presenza delle Figlie di San Paolo in Congo, durante la Messa mi sentii interpellata dalle parole del profeta Isaia: «Chi manderò?». Quello stesso anno partecipai anche a un ritiro spirituale che fu decisivo per la mia vocazione. Sono entrata nella congregazione delle FSP nella citta di Kinshasa, dove lavoravo. Ho capito che la missione paolina nel mondo era ciò che sentivo più mia: annunciare il Vangelo a tutti gli uomini con tutti i mezzi di comunicazione.

Oggi, dopo ventotto anni di vita paolina, ringrazio Dio per tutte le grazie di cui mi ha colmata nei momenti di gioia e nei momenti di dolore. Vivo come un dono prezioso l’appartenere alla Famiglia Paolina e poter compiere un meraviglioso apostolato. Sento di poter dire con l’apostolo Paolo: «Guai a me se non evangelizzo», e nel mio quotidiano sono contenta di portare il mio piccolo contributo in Costa d’Avorio, attraverso la nostra missione a servizio del Vangelo.

Emma Marie Umurerwa Ruhunga, fsp

Per amore di un “Amico”

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Sr Carmen Maria Dallaserra Cile

Dire chi sono e perché sono una Figlia di San Paolo si può riassumere in queste parole: sono quella che sono perché il Signore mi ha voluta, mi ha amata e mi ama con grande misericordia, nonostante i miei limiti.

Mi presento: mi chiamo Carmen Maria Dellaserra, sono nata a Rabbi, nella provincia di Trento (Italia), da una famiglia povera di cose ma ricca di fede. Fede che i miei genitori hanno trasmesso a me e ai miei fratelli con quei valori e quei principi che ci hanno permesso di diventare buoni cristiani, persone oneste e amanti del lavoro.

Nel 1951, per motivi di lavoro, tutta la mia famiglia si trasferì in Cile. Qui ho continuato gli studi in un collegio tenuto da suore.

I primi diciassette anni della mia vita trascorsero serenamente. Intanto mia madre pregava perché uno dei miei fratelli diventasse sacerdote; mio padre, invece, chiedeva al Signore che chiamasse me alla vita religiosa paolina. Da parte mia desideravo solo che il Signore mi facesse conoscere la sua volontà.

Avevo una cugina tra le Figlie di San Paolo, e quando tutto diventò più chiaro per me decisi di entrare anch’io nello stesso istituto. Sono stata tra le prime vocazioni del Cile.

Non mi è costata molto la lontananza dai miei genitori e dai miei fratelli, neppure la grande povertà che si viveva in congregazione. Del poco che avevamo, condividevamo tutto. Le sorelle mi hanno comunicato l’amore e la gioia di vivere insieme. Mi hanno fatto capire che la vocazione è anzitutto chiamata a essere e poi a portare la Parola di Dio a tutti.

Eravamo poche e povere, ma molto impegnate a vivere bene la vita religiosa paolina, a volerci bene, a comprendere in profondità il valore della nostra missione.

In Cile ho vissuto gli anni della formazione: aspirantato, postulato, noviziato e juniorato. Nel 1962, già professa, fui inserita in una libreria; ho avuto, così, la gioia di annunciare il Vangelo da questo moderno “pulpito” fin dai primi anni della mia consacrazione. Sono stati anni ricchi, durante i quali sono cresciuta nella fede e nell’amore per Dio, per le mie sorelle, per la congregazione. Quanti anni… Quante esperienze…

E poi, un giorno, il Signore ha di nuovo bussato al mio cuore invitandomi a uscire dal Cile per inserirmi nella delegazione di Venezuela-Portorico-Rep. Dominicana. Un invito che ha riempito di novità l’anniversario dei miei 50 anni di professione religiosa.

Oggi, con le parole del mio canto preferito, dico «Che amore, Signore, hai avuto per me quando mi hai chiamata e mi hai detto che eri mio amico…».

Sr Carmen Maria Dallaserra

Storia della mia vocazione

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“Ho scoperto il cristianesimo a sedici anni, quando mi sono iscritta al liceo cattolico. La mia scelta è stata dettata dal desiderio di imparare l’inglese dalle suore che gestivano la scuola. Ma il Signore aveva in serbo per me un disegno diverso…”

Sr Teresia Makiko Inoue

Mi chiamo Teresia Makiko Inoue e sono giapponese. Sono entrata tra le Figlie di San Paolo nel 1997. Attualmente mi trovo a Roma per studiare la lingua italiana. Sono felice di stare qui dove il nostro Fondatore, il beato Giacomo Alberione, Maestra Tecla e le prime sorelle hanno vissuto.

La mia famiglia è buddista, e anch’io lo ero. Quando penso a questo, continuo a essere stupita del mistero della mia vocazione: perché il Signore ha chiamato proprio me che non sapevo niente di Lui?

Ho scoperto il cristianesimo a sedici anni, quando mi sono iscritta al liceo cattolico. La mia scelta è stata dettata dal desiderio di imparare l’inglese dalle suore che gestivano la scuola. Ma il Signore aveva in serbo per me un disegno diverso…

Una delle condizioni richieste per accedere alla scuola era quella di comprare i libri scolastici. Tra questi, la Bibbia. Non essendo cristiana, non volevo comprarla. Ho dovuto farlo, malvolentieri, e così l’ho messa su uno scaffale in camera mia. è passato un anno. Un giorno, però, mi sono ricordata dei soldi che avevo speso e… ho cominciato a leggere quel “libro”. Mi sono imbattuta nel testo di san Giovanni: «Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato» (13,34) e ho pensato a quanto fosse vero quello che diceva Gesù: amare gli altri è la cosa più importante. Quando poi ho letto il brano della passione e morte di Gesù, sono rimasta impressionata dalle sue parole di perdono per coloro che lo stavano uccidendo. Ho pensato che “quel Gesù” era una persona particolare e che valeva la pena conoscerlo di più. Ho iniziato così a frequentare la Chiesa cattolica.

A diciotto anni sono stata battezzata. Prima, però, ho parlato con i miei genitori. Nessuno immaginava che io volessi diventare suora. È stata una realtà che ha preso gradualmente forma dentro di me.

Prima di ricevere il Battesimo, le suore del liceo mi hanno insegnato il catechismo. Sono state gentili e generose. Sono rimasta molto impressionata dallo stile di vita che conducevano e dalla loro rinuncia al matrimonio per vivere soltanto per Dio. Mi rendevo conto che erano diverse dalle altre persone; sentivo la loro santità. Perché non vivere come loro?

Perché non diventare una di loro? Un giorno, nel giornale diocesano, ho trovato la notizia di un ritiro spirituale per ragazze. L’invito era delle Figlie di San Paolo…

Ho preso a frequentare la Libreria Paolina di Tokyo per cercare libri o articoli religiosi. Vedendo le suore che lavoravano con gioia e impegno nella diffusione del Vangelo, ho scoperto la bellezza del carisma paolino. “Che bello se potessi lavorare come loro nel comunicare l’amore di Dio attraverso i mezzi della comunicazione!”, pensavo. Ho scelto così le Figlie di San Paolo. Entrata in congregazione ho lavorato nella stessa libreria dove è nata la mia vocazione. Il Signore ha realizzato il mio desiderio, e non cesserò mai di ringraziarlo per la sua bontà.

Lo scintoismo e il buddismo sono le religioni più diffuse in Giappone, ma molte persone non praticano alcuna fede. L’individualismo è dilagante. La famiglia è in crisi. Gli anziani, sempre più numerosi, vivono soli ed emarginati dalla società. Dopo il terremoto dell’11 marzo 2011, molti non hanno più speranza; la gente è confusa e sta perdendo il senso della vita.

Quando ero una studentessa, anch’io mi sentivo smarrita. Incontrando Gesù, ho trovato qualcuno che mi ama e mi sostiene. Sento che la sua Parola mi aiuta a dare significato alla mia vita e a quella degli altri. Attraverso la mia vocazione vorrei trasmettere a tutti che Dio ci ama tanto e sempre.

Sr Teresia Makiko InoueGiappone

ITALIA
La Parola di Dio è per tutti

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Quest’anno la Famiglia Paolina sparsa nel mondo celebra l’Anno Vocazionale sul tema Ravviva il dono di Dio in te (2Tm 1,6). Il Direttivo di Animazione Vocazionale della Famiglia Paolina in Italia (DAVP) si è impegnato a realizzare, coadiuvato da una specifica Equipe, la lettura continuata dei Vangeli e delle Lettere di san Paolo nell’arco di 24 ore. L’evento avrà luogo dalle ore 17.00 del 15 novembre alle ore 17.00 del 16 novembre 2019, senza interruzione, presso la Parrocchia Santuario-Basilica Regina degli Apostoli e la Comunità delle Figlie di San Paolo in Via Antonino Pio, 75, a Roma. All’iniziativa è stato dato il seguente titolo: La Parola di Dio è per tutti. La lettura continuata dei testi biblici è aperta a tutti e si intervalleranno per 24 ore no stop, giorno e notte, circa 180 lettori di ogni età, professione e provenienza.

Aprirà l’evento sr Regina Cesarato pddm, con una meditazione introduttiva sull’importanza della Parola di Dio e della lettura della Bibbia. In alcuni orari poi vi sarà la testimonianza di giornalisti, persone dello spettacolo, religiosi, suore. La lettura, inoltre, sarà intervallata da brani musicali.

Convinti che la Buona Notizia, per essere tale per la nostra vita vada anche celebrata, l’iniziativa si concluderà con una celebrazione eucaristica presso il Santuario-Basilica Regina degli Apostoli.

È possibile seguire l’evento su FB e Instagram: @LaParoladiDiopertutti. Su questi canali, in tempo reale, sono pubblicati gli aggiornamenti sui lettori, le news sui personaggi famosi che interverranno e indicazioni sulla lettura della Parola.