Prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani

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Si è tenuta il 25 luglio, in prossimità della festa dei santi Gioacchino ed Anna, i nonni di Gesù, la Prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani. Una Giornata per non dimenticare, che ha permesso di celebrare il dono della vecchiaia e di ricordare coloro che, prima di noi e per noi, custodiscono e tramandano la vita e la fede.

La nostra memoria, le radici dei popoli, l’anello di congiunzione tra le generazioni, un tesoro da custodire. Questo sono gli anziani e i nonni nel pensiero del Papa, un vero e proprio “dono” la cui ricchezza spesso dimentichiamo. «Lo Spirito Santo ancora oggi suscita negli anziani pensieri e parole di saggezza: la loro voce è preziosa perché canta le lodi di Dio e custodisce le radici dei popoli. Essi ci ricordano che la vecchiaia è un dono e che i nonni sono l’anello di congiunzione tra le diverse generazioni, per trasmettere ai giovani l’esperienza di vita e di fede».

Oggi, più che mai a causa della pandemia che li ha messi a rischio per primi e ne ha sacrificati tanti, gli anziani restano spesso soli e lontani dalle rispettive famiglie, e invece andrebbero custoditi come nostre radici. A tale riguardo sono preziose le parole del Papa: «I nonni, tante volte sono dimenticati e noi dimentichiamo questa ricchezza di custodire le radici e di trasmettere. E per questo ho deciso di istituire la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, che si terrà in tutta la Chiesa ogni anno la quarta domenica di luglio, in prossimità della ricorrenza dei Santi Gioacchino e Anna, i nonni di Gesù».

ITALIA
Il Vangelo nelle carceri di Ferrara

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La celebrazione dell’Anno Biblico di Famiglia Paolina ha fatto sorgere nel cuore delle Figlie di San Paolo della comunità di Ferrara, il desiderio e la disponibilità di raggiungere i carcerati – includendo tutto il personale – con il dono di 350 Vangeli, sicure che questo dono potrà essere per ogni persona luce, incoraggiamento e sostegno nella situazione concreta che stanno vivendo. Avanti nel bene! Accompagniamo questa iniziativa con la preghiera perché la Parola di Gesù offra a questi fratelli/sorelle sostegno per una vita futura più impegnata per il bene degli altri.

Parola di Dio

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Facciamo spazio dentro di noi alla Parola di Dio!

Leggiamo quotidianamente qualche versetto della Bibbia.

Cominciamo dal Vangelo:
teniamolo aperto sul comodino di casa,
portiamolo in tasca con noi o nella borsa,
visualizziamolo sul cellulare,
lasciamo che ogni giorno ci ispiri.

Scopriremo che Dio ci è vicino,
che illumina le nostre tenebre e che con amore conduce al largo la nostra vita.

Papa Francesco


BOLIVIA
Il seme cade nei cuori disponibili

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Con grande impegno le Figlie di San Paolo della comunità Paolina di La Paz, ha organizzato incontri vocazionali in modo virtuale attraverso Facebook e WhatsApp.

Hanno risposto all’invito giovani provenienti da diversi paesi dell’America Latina: Messico, Guatemala, Costa Rica, Paraguay, Argentina, Perù, Nicaragua.

L’esperienza si è rivelata significativa per quei giovani che si sentono inquieti, in cerca della propria vocazione e con il desiderio di scoprire altre forme di chiamata oltre al matrimonio. Oggi, in una società scossa dalla pandemia, può rivelarsi il momento di Dio per molti di loro.

Affidiamo questi giovani a Maria Regina degli Apostoli perché accolgano la chiamata e abbiano la forza di rischiare tutto per Cristo e per il suo Vangelo.

Il dono della comunione

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L’apostolo Paolo augura ai suoi cristiani: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi” (2 Cor 13,13).

Queste parole, probabile eco del culto della Chiesa nascente, evidenziano come il dono gratuito dell’amore del Padre in Gesù Cristo si realizzi e si esprima nella comunione attuata dallo Spirito Santo.

Questa interpretazione, basata sullo stretto parallelismo che il testo stabilisce fra i tre genitivi (“la grazia del Signore Gesù Cristo … l’amore di Dio … e la comunione dello Spirito Santo”), presenta la “comunione” come dono specifico dello Spirito, frutto dell’amore donato da Dio Padre e della grazia offerta dal Signore Gesù.

Benedetto XVI


ITALIA
Festeggiamo i 104 anni di sr Vincenza Salvà

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sr Vincenza SalvàDomenica 11 luglio, nella comunità di Albano/Tecla Merlo, sr Vincenza Salvà, la sorella più anziana della Congregazione e, sembra anche della Famiglia Paolina, ha festeggiato i suoi 104 anni di vita, circondata dall’affetto delle sorelle della sua comunità e di quelle vicine. Durante la celebrazione eucaristica un inno di lode e gratitudine è salito al Signore per tutti i doni concessi a sr Vincenza nei suoi lunghi anni. È entrata in congregazione nel 1931 e nei suoi 90 anni di vita religiosa ha servito il Maestro con fedeltà e gioia.

Tanti auguri, sr Vincenza, e grazie per la tua affabilità, dolcezza e tenerezza.


 

Una Congregazione su misura

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Le testimonianze vocazionali che io ho letto o sentito, sono sempre dinamiche, stimolanti, raccontano un percorso di aspettative, desideri, inquietudine, combattimenti, nascosti o manifesti. Queste testimonianze sono emozionanti ed attirano l’attenzione. Io sento che la mia è una storia semplice, quella di una persona “nata con la vocazione”. La vita religiosa era già nel mio DNA.

Fin da quando ero piccola, di circa 3 anni, mi distraevo sfogliando delle riviste, che nella mia famiglia erano sempre riviste religiose, e quando mi trovavo davanti a una pagina con foto di suore, mi fermavo e non andavo più avanti. Allora mi chiedevano: cosa ti piace di questa pagina? Io puntavo il ditino sulla foto della suora e dicevo: “io voglio questo”. Non so se erano gli abiti che mi facevano colpo, so soltanto che quelle foto mi attiravano e, in qualche modo, esse sono state per me un segno.

L’idea di essere suora era chiarissima dentro di me e io ero sicura che questa sarebbe stata la mia vita; non pensavo altro, nessun’altra cosa mi attirava così fortemente. Mi mancava però individuare la Congregazione e, su questo punto, avevo qualche problema.

  1. Il fatto di allontanarmi della mia famiglia, per sempre, era una cosa che non concepivo, mentre la testimonianza delle suore che conoscevo era proprio questa: si deve lasciare la famiglia.
  2. Non avevo alcuna inclinazione per lavorare negli ospedali, e la maggior parte delle suore della mia regione svolgevano questo apostolato.
  3. Il mio desiderio era quello di insegnare le cose di Dio, parlare di Gesù, ma le suore che conoscevo non avevano questa missione specifica.
  4. Inoltre, ero una lettrice fanatica, appassionata di libri, e le suore mi parlavano di scuole, di preparazione, ma non parlavano esplicitamente di libri.

Cosa fare? Avevo appena 10 anni, ma la fretta mi sollecitava e volevo decidere al più presto. Potevo anche rinunciare a qualcosa, ma voler insegnare le cose di Dio e aiutare le persone era sicuramente la cosa che più desideravo.

E Dio, che gestiva le mie “fissazioni”, ha fatto arrivare a casa mia la Congregazione giusta. Non l’ho cercata io, fu la Congregazione a cercarmi.

Un giorno, senza preavviso, senza attenderle, sono venute a trovarci due cugine, Ester e Tarcila, che neppure conoscevo, e mi hanno parlato delle Figlie di San Paolo. Quello che raccontavano era proprio quello che sentivo e desideravo anch’io. Non era necessario pensare e riflettere più a lungo. Come dice un famoso proverbio: si sono incontrati il cibo con la voglia di mangiare.

Quando le mie cugine mi hanno riferito che la loro missione era quella di comunicare il messaggio di Gesù con i mezzi della comunicazione sociale, e facevano libri, riviste, ecc. la mia gioia è arrivata al colmo. Perché anch’io facevo dei libri di catechesi. Infatti, la mia mamma era catechista, ma non tutti i bambini avevano il libretto del catechismo.

Allora mi era venuta l’idea: perché non fare io stessa dei libri? Allora non sapevo ancora cos’erano i diritti d’autore. A casa mia c’era una macchina da scrivere Royal ed io stessa potevo risolvere il problema. Questa fu la mia prima esperienza di editrice; trascorrevo i pomeriggi facendo delle copie del Piccolo catechismo della dottrina cristiana per darle ai bambini.

L’incontro con Ester e Tarcila mi ha fatto scoprire che potevo essere suora per fare proprio questo. Davvero potevo andare in un Istituto che aveva delle macchine per fare libri e riviste? Parlare di Gesù in programmi radio? Ero al colmo della gioia.

Quando tutto questo è accaduto, eravamo negli anni ‘50, avevo solo 10 anni e si poteva entrare in Congregazione soltanto dopo aver compiuto 12 anni. La mia mamma era felice, ma il mio papà non era molto d’accordo. Dopo qualche tempo però si è lasciato convincere a lasciarmi andare perché tutti gli dicevano: «Questa ritorna dopo una settimana».

Allora non sapevo che cosa mi aspettava nella vita religiosa. I primi mesi, infatti, furono terribili, piangevo tutti i giorni di nostalgia, e mi ricordo di aver scritto varie lettere chiedendo ai miei genitori di venirmi a prendere. Ero sorpresa perché loro rispondevano ma non parlavano mai di venirmi a prendere. Dopo 6 mesi, quando sono venuti a trovarmi, mi hanno detto che non avevano mai ricevuto le mie richieste di ritornare a casa.

Molti anni dopo – quando io stessa ero coinvolta nella formazione – ho saputo che le maestre leggevano le lettere delle aspiranti prima di spedirle e, conoscendo le reazioni dei primi mesi, facevano qualche furbo adattamento per il bene della giovane vocazione. E grazie a questa furbizia delle mie maestre, la mia vocazione si è salvata. Per esperienza personale, posso dire che la vocazione è un dono che cresce e matura, giorno dopo giorno. Ci sono periodi luminosi, quando Dio ci stupisce con le sue sorprese d’amore, e ci sono periodi più oscuri, quando Lui gioca a nascondino; per farci crescere ancora di più, in un profondo e personalissimo rapporto con Lui.

Sono convinta che la vocazione paolina è meravigliosa, e ha tutte le componenti per realizzarci umanamente e spiritualmente. Se io dovessi rincominciare da zero, ripeterei esattamente lo stesso cammino, facendo soltanto alcune correzioni alla prima bozza. In tutti questi anni, oltre alle tantissime gioie, realizzazioni, conquiste, sfide e meravigliose avventure apostoliche, ho avuto anche crisi, difficoltà, brutti momenti, ma non ho mai dubitato della mia vocazione. Coloro che prevedevano che sarei rimasta in convento soltanto una settimana, hanno perso la scommessa.

Forse ho deluso molti, eccetto Dio e la mia mamma!

Natalia Maccari, fsp


Storia di una vocazione

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Ho conosciuto le Figlie di San Paolo all’età di 14 anni. Vennero in casa, credo su consiglio del parroco, a invitarci al ritiro nella loro casa di Brescia. Guardavo incuriosita queste suore così diverse, così nuove al confronto delle suore che conoscevo, e ne rimasi “invaghita”. Ma loro non erano interessate a me, bensì a mia sorella più grande e alle due cugine ventenni, e a loro rivolsero l’invito che venne accettato. Via via le grandi si orientarono però verso altre scelte: la sorella si fidanzò e le cugine entrarono in altri Istituti religiosi. L’anno dopo chiesi di partecipare ad un ritiro e incontrai il sacerdote paolino don Gabriele Amorth, con il quale si stabilì presto un rapporto di conoscenza e fiducia reciproca.

Avevo 15 anni. Ricordo perfettamente che dopo la Messa andai a parlargli e gli dissi che non ero d’accordo con quanto aveva detto nell’omelia e cioè che lui poteva fare altre scelte al di là dell’essere prete. Scoprii di avere una convinzione fortissima dentro di me, che, sì, se Dio ti chiama e ti sceglie per una cosa lo fa per renderti felice, la sua volontà è questa. E quindi perché mai quel prete avrebbe dovuto essere qualcos’altro firmando la sua infelicità? Non lo comprendevo. Dissi che se io avessi saputo cosa Dio voleva da me avrei assecondato totalmente la sua volontà e sarei stata felice, cosa a cui miravo perché sentivo insoddisfazione nell’ambiente in cui vivevo e delle persone che frequentavo, pur essendo attiva in parrocchia e impegnata in una famiglia numerosa (ottava di nove figli) a dare una mano alla mamma. Don Amorth mi guardò dritto negli occhi e mi disse a bruciapelo: Tu hai la vocazione!  Gli risposi: ma che cos’è?

Quando ripenso a quel momento in cui Dio si è rivelato in modo così improvviso e forte, ancora mi commuovo e mi sovviene il passo della Scrittura quando il profeta Samuele è incaricato da Dio di scegliere un re per Israele e consacrerà Davide, il figlio più piccolo che era nei campi a pascolare il gregge.

Faccio un passo indietro. Terminata la scuola elementare, la maestra chiamò la mamma e le disse di farmi continuare gli studi perché ero “bravina”. La mamma le rispose (ricordo ancora con un sorriso trionfante): questa figlia me la tengo per me, mi aiuterà in casa. Avevo 11 anni e dissi tra me: tu non sai che cosa dici, io non starò mai a casa e nemmeno al paese. Ma, ovviamente, non lo dissi a nessuno, era una sensazione che custodivo dentro di me.

La mamma mi mandò da una zia per imparare il cucito e trascorsi gli anni dell’adolescenza tra casa e parrocchia, più spesso in parrocchia che a casa. Ho ricordato questo episodio perché è legato alla sensazione che ho avuto quando ho visto per la prima volta le Figlie di San Paolo e mi ero detta: mi piacerebbe essere una di loro. Aspiravo a cose più grandi di me senza sapere cosa ma con la convinzione che la mia vita sarebbe stata altrove, diversa, bellissima. Continuai ad andare ai ritiri e chiesi di fare gli esercizi spirituali ad Alba. Avevo 16 anni. La mamma mi lasciò andare.

In quella casa dai mattoni rossi le cui inferriate bianche incutevano dall’esterno un certo timore, mi innamorai di quelle suore, della loro vita, del loro lavoro e avvertii chiaramente che lì avrei voluto vivere, finalmente trovavo quel respiro grande che a casa sentivo così corto e soffocato. Don Amorth continuava a seguirmi in modo molto discreto ma efficace. Mi fidavo di lui. Un giorno dissi a casa che volevo farmi suora e tutti mi guardarono piuttosto sorpresi perché non ero proprio un modello di obbedienza e di dolcezza… La mamma, più incredula di tutti mi disse: ma chi ti ha messo in testa questa cosa? Perché tu da sola non puoi averla pensata. Le risposi: vuoi parlare con il sacerdote con cui mi confido? E andammo a Brescia a trovare don Amorth.

La mamma entrò da lui e quando uscì aveva la testa bassa e mi disse, quasi mortificata e velatamente rassegnata: mi ha detto che lui con la tua vocazione non c’entra, è una cosa tra te e il Signore, e io tra te e Dio non voglio creare nessun impedimento. Vai dove devi andare. Fu una sensazione profonda e indimenticabile quella che provai perché vidi la fede grande della mia mamma che si fidava di Dio e finalmente anche di me.

Le vocazioniste di un tempo, siamo negli anni ’60, erano molto dirette nell’approccio alle giovani orientate alla vita religiosa e sr Emanuella Quiriti mi disse: allora, quando entriamo? Era maggio e fissammo la data al 20 agosto. Era il 1967, avevo 17 anni e qualche mese. La settimana prima di partire mi assalì la paura di fare qualcosa di sbagliato… ero ancora in tempo a fermarmi. Scrissi a don Amorth e lui da sapiente consigliere mi disse: Tu parti, alla tua vocazione ci penso io. Tanto bastò che lasciai casa, accompagnata dalla mia numerosa famiglia e raggiunsi Alba.

Quante volte la mamma mi metteva in guardia sulle difficoltà che avrei trovato e che forse non avrei superato. Rispondevo: non importa quello che troverò, non mi interessa, voglio solo partire, sento che lo devo fare, il resto verrà da sé. Questa spinta dettata dalla fiducia incrollabile nel Signore, è stata la forza della mia vocazione, anche quando, più tardi, vissi una certa crisi di identità.

Vigevano i modelli o meglio il modello della suora perfetta e io non sentivo di rientrarvi granché. Mi chiedevo come fosse possibile che il Signore avendomi creata in un modo, volesse che diventassi quasi un’altra persona. C’era qualcosa che non andava. La tristezza e la confusione si impadronirono di me. Infine compresi da sola: essere se stessi fino in fondo era il segreto della serenità! Non importava la scelta di vita, importava essere nella volontà di Dio.

Ancora una volta l’antica convinzione illuminava la mia strada e sperimentai la vicinanza di Dio che prendendomi di nuovo per mano non mi ha più lasciato, confermando ciò che sapevo da sempre: Lui voleva che fossi felice. E io lo ero. Di nuovo. Pienamente.

Livia Sabatti, fsp


La mia vita: un meraviglioso susseguirsi di intrecci

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Quando vado ad Alba, diocesi della mia fanciullezza, se entro in duomo mi fermo davanti a Gesù eucaristico e rileggo l’invito impresso sulla porticina di quel tabernacolo: Venite ad me omnes. Venite tutti! Imperativo. E mi ha sempre affascinata. Sono stata formata così: per la Paolina non esistono confini né di “scienze” di cui scrivere e pubblicare sul “globo della comunicazione”, né di “destinatari” cui far giungere il messaggio. San Paolo ai Corinzi scriveva: «Mi sono fatto tutto a tutti, per diventarne partecipe con loro» (cfr. 1Cor 9,19).

Ho passato gli anni di formazione nell’intreccio delle ore tra studio, lavoro e preghiera, e, se necessario, nell’intreccio tra ore diurne e ore notturne. Quei testi, il cui contenuto ticchettavo sulla tastiera della linotype – impressi su carta – avrebbero oltrepassato quelle nostre porte…

Terminati gli studi, il primo invio: la Spagna, Paese dal forte sentire missionario e dal quale noi Paoline pensavamo, anche con le giovani in formazione, ai Paesi di lingua spagnola cui inviavamo le nostre pubblicazioni…

Poi, sul più bello, perché conoscevo la lingua fui inviata in Argentina. Oltre alla formazione fui inserita nell’ufficio redazionale del mensile Familia cristiana, la rivista cattolica allora più letta in quel Paese. Oltre 100.000 copie. Ne ebbi poi la direzione. E mi piaceva correggere le bozze, in carta, in ufficio e scendere in tipografia per correggerle, in piombo, alla linotype. Giovani in formazione di quei tempi si susseguono nel governo con ruoli diversi.

Dopo l’Argentina, una breve sosta in Perù. Sistemata l’amministrazione, un po’ vacillante, mi dedicavo alla pubblicizzazione dei nostri prodotti in altri Paesi e progettavamo librerie – per me luogo teologico di annuncio – da affidare a laici; altro tempo lo dedicavo alla formazione e alla “predicazione orale” con incontri…

Dal 1975 rivivo in terra italiana, da subito immessa nel centro Ut unum sint. Dopo il Capitolo generale del 1978 – cui partecipai per elezione – fui inserita nella Commissione internazionale per la riscoperta del carisma, riscoperta proposta dal Capitolo stesso. A me toccò andare a Bogotà per l’animazione a livello latinoamericano, e poi in Spagna per Europa e Nord America.

Da allora, sino al 1998, ho collaborato per l’animazione degli esercizi spirituali in Italia. Superiora a Verona (1980-1987), vi era in comunità un fattivo intreccio delle attività affidate a bravissime sorelle: San Paolo Film, due librerie, animazione vocazionale (entrarono 5 giovani, ora efficienti professe perpetue), partecipazione all’Ufficio diocesano comunicazione-cultura, collaborazione con i laici… Avemmo anche il dono di accompagnare, come comunità, una sorella nella fase terminale della sua vita quaggiù.

I 24 anni (1991-2015) impegnati presso l’USMI nazionale sono stati essi pure una risposta a quello che io sono e vivo. Con la rivista Consacrazione e Servizio e i relativi supplementi, l’Ufficio stampa, e poi il bollettino Usminforma, il sito www.usminazionale.it, l’invio delle news, iniziati e seguiti da me con l’aiuto di personale usmico ed esterno, la presenza in biblioteca dove accedevano studenti di origini estere, cui prestavo consulenza per la scelta dei testi e la redazione della tesi. Tornate nelle loro terre, là le penso impegnate come opinion leader.

Altro intreccio: da casa, collaborazione con i siti: www.tuttoperilvangelo.it, www.paoline.it e per Paoline Editoriale Libri traducevo libri dallo spagnolo.

Intreccio singolare è stato ed è quello con mia sorella Myriam, anche lei Figlia di San Paolo. E intreccio sono le piccole collaborazioni che offro ora.A Benevello con la comunità di Alba

Tutto è stato ed è un intreccio non sempre facile tra il “Signore della vita” e me. Scriveva Paolo agli Efesini: «Noi infatti siamo opera sua (di Dio), creati in Cristo Gesù, per le buone opere che Dio ha precedentemente preparato, perché in esse camminassimo» (Ef 2,10).

Biancarosa Magliano, fsp


Innamorata di Dio

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Fin da bambina il Signore mi ha attirata a sé. Questo è stato un dono autentico! Sebbene piccola, mi era già familiare la sofferenza… Ed è stato proprio nel contesto della sofferenza che la mia amicizia con il Signore è iniziata. Lui era l’Amico caro e il Padre buono, a cui confidavo tutto. Non so da dove venisse in me questa confidenza in Dio, perché i miei genitori non erano persone di fede, anzi erano «contro la Chiesa», come spesso dicevano…

In prima elementare ho cominciato a frequentare le lezioni di catechismo, con catechisti molto bravi. A 12 anni ho incontrato per la prima volta le suore, due Sorelle della Divina Provvidenza venute in parrocchia durante l’estate per condurre un campo scuola. A una di loro, sr Enrica Henri, un giorno ho domandato: «Che cos’è una suora?». E lei mi ha risposto: «È una persona innamorata di Gesù, e Gesù è innamorato di lei». Non ho avuto dubbi: «Io sarò suora!», ho esclamato.

Ho iniziato a frequentare la Messa ogni giorno e intanto scrivevo a molte congregazioni religiose per raccogliere informazioni sulla loro vita. Quando i miei genitori si sono resi conto che questa «sciocchezza della vita religiosa» (così dicevano…) non passava, si sono preoccupati e hanno cercato di distogliermi dalla mia idea. Ogni domenica era una “battaglia” per poter uscire e andare a Messa. A un certo punto, una zia convinse mio padre che il suo atteggiamento mi rendeva soltanto più determinata; se mi avesse lasciata in pace, presto avrei abbandonato l’idea di diventare suora. E così ho potuto continuare ad andare in chiesa…

Una domenica, dopo Messa, ho letto sul giornale diocesano un breve articolo sulle Figlie di San Paolo. Vi era la foto di una suora sorridente, radiosa (era una foto di Maestra Tecla). Per me fu un segno… e un invito.

Sono entrata in congregazione il 29 giugno 1963. Avevo 14 anni. Sempre ringrazio il Signore di avermi presa giovane. Dal primo giorno mi sono sentita “al mio posto”, “a casa”. Il carisma paolino sembrava fatto apposta per me.

Sono stata privilegiata a imparare la “propaganda” dalle sorelle venute negli Stati Uniti da “Casa Madre” (cioè, dall’Italia). “Fianco a fianco” a loro, ho respirato uno spirito soprannaturale nell’annuncio, e sono cresciuta nell’amore per la missione paolina.

Alcune sorelle hanno lasciato un’impronta nella mia vita e nel mio carattere, a cominciare da Maestra Paola Cordero, che considero una vera madre. Le prime sorelle non avevano titoli di studi, ma erano donne di preghiera, cariche di fuoco apostolico, con una fede semplice, forte e costante; donne che sapevano amare gratuitamente. È proprio da loro che ho imparato le cose più importanti: l’amore per Dio, la Chiesa e l’umanità; la generosità e la fedeltà creativa; la fiducia; lo spirito missionario paolino. Esse fanno parte del mio «gran nugolo di testimoni» (Eb 12,1).

La mia prima professione e poi la professione perpetua sono stati momenti di grande gioia e di intensa sofferenza. I miei genitori hanno scelto di non partecipare alla mia festa… ma questo non mi ha impedito di gioire perché il Maestro mi faceva sua sposa. Il sogno era diventato realtà. Niente mi sembrava più impossibile.

Il mondo a cui fui inviata era circoscritto alla mia nazione di nascita, con tutti i suoi bisogni e le sue ferite; quel grande fiume di umanità che cercava il senso della vita, motivi di speranza, una buona novella: la redenzione. In questi primi anni, ho potuto sperimentare diverse fasi della nostra missione. Il desiderio di raggiungere più persone possibile con la Parola era “fuoco” dentro di me.

Ma, alla fine del 1983, la mia vita ebbe una svolta… Sr Maria Cevolani, allora superiora generale, mi chiese di andare missionaria in Germania. In quel Paese sono stata 18 meravigliosi anni! Come sempre, il Signore mi ha chiesto di fare cose mai fatte prima, confidando nella grazia della vocazione e della sua promessa. Il Patto diventava uno stile di vita.

Nel passaggio del secolo, quando tutta la congregazione celebrava il primo centenario della “Notte di luce” vissuta dal Fondatore, noi della delegazione della Germania potemmo partecipare a questo evento così memorabile proprio ad Alba, dove tutto aveva avuto inizio. Dopo la Messa in cattedrale con l’intera Famiglia Paolina e l’adorazione insieme, mi fermai ancora a pregare. Verso le due, sr Giovannamaria Carrara, superiora generale, in preghiera accanto a me, mi sollecitò più volte ad andare a prendere un caffè. Ero meravigliata da tanta insistenza, ma alla fine “obbedii”. Quando ritornai, le dissi, un po’ ironicamente, di stare bene; sr Giovannamaria mi guardò e mi domandò: «Starai ancora bene quando ti chiederò di andare in Russia?». Una incredibile sorpresa… davanti al Santissimo, nel passaggio del secolo! Il Dio dell’alleanza è il Dio delle sorprese…

Con la Germania nel cuore, arrivai in un mondo completamente diverso. Sr Joseph Marella, una delle “fondatrici” della comunità di Mosca, era ad accogliermi all’aeroporto. È stata la mia compagna per otto anni. Un’altra sorella, sr Augusta Monti, mi aspettava a casa, un piccolo appartamento nel piano interrato. La mia prima comunità era una piccola “trinità”, in un Paese quasi tre volte più grande degli Stati Uniti!

Sentivo di essere lì per evangelizzare e per essere evangelizzata. Cominciava per me una nuova fase di formazione come apostola, con una nuova lingua da imparare, una nuova cultura, nuove relazioni, nuove sfide. Dal popolo russo ho imparato tante cose, approfondendo la mia capacità di abbandonarmi nelle mani del Signore, di guardare la realtà con occhi di fede, di aspettare l’ora di Dio.

Nel 2009, però, sono stata costretta a tornare negli Stati Uniti: la mia mamma stava molto male. Un altro “addio”, un altro popolo che non dimenticherò mai e a cui devo tanto.

56 anni di vita paolina, 51 anni di professione… La celebrazione del mio cinquantesimo di consacrazione, lo scorso anno, è stata una festa traboccante di gioia e gratitudine. Non trovo parole adeguate per ringraziare il Signore per tutto quello che ha fatto nella mia vita. Ci sono soltanto le parole di Maria: il Magnificat.

Per la tua presenza fedele e intima, Signore: Magnificat!
Per la grazia di collaborare nella tua stessa missione: Magnificat!
Per le gioie e le sorprese: Magnificat!
Per le sofferenze e le sfide: Magnificat!
Per ogni persona incontrata e per le sorelle con cui ho avuto il privilegio di vivere: Magnificat!
Per le abbondanti ricchezze delle tue grazie: Magnificat!

Sono una Figlia di San Paolo felice, innamorata di Dio, di questo Dio che è innamorato di me.

Mary Leonora Wilson, fsp