Una forte passione: la comunicazione

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail
Nel silenzio, e da molto tempo, portavo nel cuore un altro sogno: lavorare per le missioni. Dove non si può arrivare personalmente, sempre si può arrivare con gli strumenti della comunicazione.
Eliete Maria Duarte, fspComunità LISBOA CD (Portogallo)

Sono nata in un angolo molto bello del Portogallo, su un pendio delle colline di Monchique, il 18 giugno 1949. Quinta figlia di Celeste e Sabino, sono cresciuta in una famiglia numerosa, circondata da molto amore. Il mio papà ci ripeteva che l’amore non sarebbe mancato a nessuno, anche se eravamo in tanti: sette figli, a cui si aggiungevano i cugini… A tavola, come nei campi, era sempre una festa. Mio padre, sebbene sapesse appena leggere, era un buon leader e distribuiva molto bene il lavoro tra tutti noi.

Ho frequentato la scuola fino alla quarta classe, perché in quel tempo erano pochi i bambini di campagna che potevano studiare. E noi eravamo poveri lavoratori di una terra dalla quale si otteneva poco più del sostentamento necessario.

Nella mia famiglia si respirava molta fede; si pregava insieme, soprattutto si recitava il rosario tutti i giorni. Fin dall’età di sette anni ho frequentato il catechismo e partecipato all’Azione Cattolica. Quando ero adolescente, una dirigente di AC ci disse che una donna deve pregare vent’anni prima che nasca suo figlio per ottenere dal Signore il privilegio di averlo sacerdote. Io, che sognavo il matrimonio, da quel giorno cominciai a pregare secondo questa intenzione. Ma ero lontana dal pensare che Dio invece mi volesse per sé…

Non fu facile per me comprendere e accettare l’invito del Signore. Poi nella Quaresima del 1968, durante un ritiro di tre giorni, sentii il forte richiamo a una vita di intimità con Gesù. Nell’estate dello stesso anno, durante un campo-scuola, ebbi l’opportunità di iniziare un serio discernimento vocazionale, adeguatamente accompagnata. Ritornata a casa, ripresi gli studi. Lasciai la campagna, l’aria libera e pulita, e mi cercai un lavoro. Vendevo giornali in un chiosco per poter frequentare un corso intensivo di due anni e arrivare così alla maturità.

Lasciai da parte ogni cosa, anche l’inquietudine vocazionale. Frequentai nuovi amici; mi impegnai con entusiasmo in Azione Cattolica; addirittura mi fidanzai… Ma, a un certo punto, ritornò quell’insoddisfazione che niente e nessuno poteva riempire. Ed ebbi la netta percezione che il Signore mi stesse chiamando a essere missionaria. Ne parlai con il direttore spirituale. Fu categorico: «Missionaria sì, ma in famiglia e nell’ambiente in cui vivi; non hai bisogno di andare fuori dal tuo paese» Ma io non ne ero così sicura. Diventava comunque sempre più chiara, in me, la convinzione che non avrei potuto dedicarmi solo a un uomo e a una famiglia. L’amore che sentivo dentro non poteva essere rinchiuso tra le mura domestiche. Decisi allora di donarmi totalmente al Signore. Avevo 25 anni. La lotta era stata dura. Ma, se il tempo della decisione è stato lungo, dopo non ho più avuto tempo per i tentennamenti.

Sono molta grata a Gesù per la pazienza nell’attendere che io percepissi il suo invito, e più ancora per la sua presenza nella mia vita. Oggi più che mai comprendo il vero senso di una delle prime espressioni che ho sentito in congregazione: la grazia della vocazione.

Paolina, perché? Perché ero e sono appassionata di comunicazione. Al tempo della mia scelta vocazionale, lavoravo come telefonista e operatrice di telex in uno dei migliori hotel dell’Algarve. Mi affascinava stare in un piccolo ambiente ma poter comunicare con tutto il mondo. Era una emozione indescrivibile, una vera passione, che non mi ha più lasciata. Mi sentivo abitata da una moltitudine immensa, a cui ero inviata.

Sono entrata in congregazione nell’agosto 1974 e ho fatto il noviziato con altre due giovani che mi avevano preceduta. Ero abituata a lavorare da sola, e non fu facile apprendere uno stile di vita diverso. Dopo pochi mesi rimanemmo in due. Sentivo le sorelle più grandi parlare di gruppi di venti, quaranta, cinquanta, ottanta novizie… e provavo una certa invidia, tanto era il desiderio di una grande comunità. E quando, dopo tre anni di propaganda, ci mandarono in Brasile, capii che il mio sogno si realizzava. Facemmo parte, per quattro anni, di un meraviglioso gruppo internazionale formato da brasiliane, cilene, venezuelane e portoghesi. Fu una esperienza che superò tutte le mie aspettative. Ancora oggi ne conservo la memoria.

sr EliteRitornai in Portogallo nel 1983 e subito dovetti affrontare una grande difficoltà. Era necessario riadattarmi, quasi ricominciare, soprattutto reimpostare l’organizzazione dell’Editrice.

Le Figlie di San Paolo erano arrivate in Portogallo nel 1950 e avevano cominciato subito a pubblicare libri, alcuni con successo. Ma era un impegno saltuario, affidato alla buona volontà delle sorelle, in mezzo a tante altre cose da fare. In Brasile, avevo lavorato in ogni settore editoriale per assumere questo incarico al mio rientro. I primi tempi furono faticosi: prendere in mano progetti, contratti; conoscere le leggi per stampare, registrare, divulgare; trovare autori, traduttori, tipografie, collaboratori; dare visibilità e consistenza al catalogo…

Lavoravo nella mia piccola camera, e intanto sognavo. Finché il sogno uscì dalla finestra e prese la forma di una piccola casa in giardino, con otto modesti locali per la redazione e l’amministrazione, e un magazzino! Avevamo finalmente lo spazio per assumere i primi due collaboratori.

Furono tempi molto belli, di intensa passione apostolica. Per la grafica arrivò dal Brasile sr Dulce Tramontina e poi, dall’Italia, sr Delfina Repetto. Nuova tappa, nuovo adattamento. Il nostro lavoro umile e costante guadagnò però la fiducia del pubblico e di alcune persone di Chiesa. L’Editrice cresceva in libri, cd, minimedia, nelle diverse aree, secondo una pianificazione che preparammo insieme, guardando al Vangelo, al popolo, alla Chiesa, agli avvenimenti, condotte dal senso pastorale del Fondatore.

Nel silenzio, e da molto tempo, portavo nel cuore un altro sogno: lavorare per le missioni. Dove non si può arrivare personalmente, sempre si può arrivare con gli strumenti della comunicazione. Quindi: mandare libri e altro materiale alle nostre sorelle missionarie in Africa!

Non ho mai desistito, e quello che pareva impossibile avvenne. Nel 2003, anno della beatificazione di Don Alberione, ho visto anche questo sogno diventare realtà con la costruzione della nuova casa dell’apostolato, dove oggi possiamo svolgere la missione non solo per il nostro paese, ma anche editando per le sorelle dei paesi africani di lingua portoghese.

Nel 2005 abbiamo avuto una grande gioia: insieme alle sorelle del Mozambico e dell’Angola, abbiamo pubblicato la Bibbia Africana, con il testo portoghese della Editrice Biblica e le introduzioni e le note dell’African Bible delle Paoline di Nairobi.

Sono molto felice. Se tornassi indietro, farei di nuovo tutto quello che ho fatto… forse un po’ meglio.

Sono profondamente grata a Dio, alla mia famiglia, alla congregazione. Abbiamo davvero un carisma che non si esaurisce mai!


LA FONDAZIONE IN PORTOGALLO

Il 17 settembre 1950 giunsero a Lisbona due Figlie di San Paolo con l’incarico di aprire una casa a Porto. Erano sr Nazarena Martins, brasiliana, e sr Maria Nives Mechis…

Le prime giornate di propaganda rivelarono subito i vari generi di difficoltà e ostacoli cui andavano incontro: indifferenza verso suore straniere, analfabetismo, condizioni economiche misere, impedimenti alla propaganda collettiva, perfino il cattivo tempo. Ma una buona Figlia di San Paolo non si lascia impressionare da nessun ostacolo e quelle due prime sorelle furono eroiche nella loro costanza…

Il Primo Maestro si era recato a Lisbona presso la Società San Paolo, ma apprendendo che le Figlie di San Paolo si trovavano in difficoltà, non badò alla stanchezza e si sobbarcò la fatica di sei-sette ore di camioncino per andare a trovarle a Porto.

Invocazioni a Gesù Maestro

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Gesù Maestro, santifica la mia mente e accresci la mia fede.
Gesù, docente nella Chiesa, attira tutti alla tua scuola.
Gesù Maestro, liberami dall’errore, dai pensieri vani e dalle tenebre eterne.

O Gesù, via tra il Padre e noi, tutto offro e tutto attendo a te.
O Gesù, via di santità, fammi tuo fedele imitatore.
O Gesù via, rendimi perfetto come il Padre che è nei cieli.

O Gesù vita, vivi in me, perché io viva in te.
O Gesù vita, non permettere che io mi separi da te.
O Gesù vita, fammi vivere in eterno il gaudio del tuo amore.

O Gesù verità, ch’io sia luce del mondo.
O Gesù via, che io sia esempio e forma per le anime.
O Gesù vita, che la mia presenza ovunque porti grazia e consolazione.


Preghiera alla Regina degli Apostoli

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Ti ringrazio, Gesù misericordioso, per averci dato Maria come madre;
e ringrazio te, Maria, per aver dato all’umanità il Maestro divino,
Gesù Via, Verità e Vita;
e tutti averci accettati sul Calvario come figli.

La tua missione è unita a quella di Gesù,
che ” venne a cercare chi era perduto”.
Perciò, io, oppresso dai miei peccati, offese e negligenze,
mi rifugio in te, o madre, come nella suprema speranza.
Volgi sopra di me i tuoi occhi misericordiosi;
le tue sollecitudini più materne siano per questo figlio infermo.

Tutto spero per tua intercessione: perdono, conversione, santità.
Forma una nuova classe fra i tuoi figli, quella dei più infelici,
nei quali abbondò il peccato dove aveva abbondato la grazia.
Sarà la classe che più ti muoverà a pietà.
Accogli in essa la povera anima mia.

Opera un grande miracolo, cambiando un peccatore in un apostolo.
Sarà un prodigio inaudito e una nuova gloria
per Gesù tuo Figlio e per te, sua e mia madre.

Tutto spero dal tuo cuore, o madre, maestra e Regina degli Apostoli.

Amen.

Le Beatitudini delle Figlie di San Paolo

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Beati i passi di chi evangelizza il bene,
di chi evangelizza la pace;

benedette le ancelle della Chiesa,
che di questa madre possiedono il cuore;

benedette le camminatrici di Dio,
che nel silenzio mistico del convento studiano le vie del mondo,
e domani le percorrono per raggiungere le anime;

benedetti questi angeli del Signore,
che cercano gli uomini che hanno perduto
o mai imparato la via della Chiesa;

benedette le postine di Gesù,
che portano in ogni famiglia il Vangelo d’amore;

benedette le coadiutrici dello zelo sacerdotale,
che predicano in silenzio Gesù Cristo Via, Verità e Vita.

Benedette le imitatrici di Maria,
che presentò Gesù ai pastori, ai magi,
al tempio, ai discepoli, al mondo.

Benedette le Figlie di San Paolo,
che del Padre possiedono il cuore,
del Padre danno la Parola,
che col Padre, soffrendo, pregando, operando,
compiono il cammino loro assegnato da Dio.

Da varie parti della terra le vie convergono
a un solo convegno.
Gesù è là, vi ha dato l’appuntamento:
«Venite, o benedette, nel regno del Padre mio».

Discenda su di esse la benedizione di Dio,
Padre, Figlio e Spirito Santo, e le accompagni
perché camminino e portino frutti duraturi
a gloria di Dio e pace agli uomini. Amen.

Far della vita un dono

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail
Il Maestro completa il suo dono quando l’obbedienza mi vuole a lavorare attorno all’Opera omnia di Don Alberione e di M. Tecla. Le loro parole e i loro esempi sono per me un continuo svegliarino.
M. Adeodata Dehò, fspComunità ROMA CG (Italia)

Raccontare… che cosa? Provo a fare una specie di sommario di questo lungo periodo della mia vita.

1941 – Sono una ragazza normale. Vivo in un paese della bassa Lombardia. Ho 18 anni: casa, scuola, Azione cattolica, oratorio. A giugno ho conseguito il diploma di maestra elementare e, poiché siamo in guerra, faccio domanda di supplenza. Ho così un contatto iniziale con “il far scuola” invece che “andare a scuola”. Anni di delusioni e speranze. Alla fine però posso dire di trovarmi a mio agio con i bimbi delle elementari che hanno tutta la freschezza e la spontaneità dell’innocenza.

1945 – Da pochi mesi è finita la guerra. Io penso al concorso. C’è intanto chi mi domanda: Che cosa farai nella vita? Rispondo: Mi formerò una famiglia, mi dedicherò alla scuola mentre nel mio intimo mi ripeto: Nella scuola potrò far gioiosamente della vita un dono! Ancora adolescente, avevo letto un libro di Maria Sticco, che aveva questo titolo e che mi rimase fisso dentro. Ogni tanto faceva capolino tra i miei pensieri, anzi, mi orientava.

1945 – fine giugno. Terminata l’adunanza di Azione Cattolica l’assistente mi propone di partecipare a un corso di Esercizi spirituali. Io non ne ho proprio nessun desiderio e gli faccio presente che nei mesi estivi non ci sono più corsi. Interviene Mariuccia: “Ai primi di settembre io vado ad Alba dove ci sarà un corso di Esercizi per signorine. Se vuoi venire, ci facciamo compagnia”. Allora, quasi per tranquillizzare l’assistente: “E va bene, andrò con Mariuccia”.

Passa luglio, agosto e il 4 settembre Mariuccia mi chiede se sono ancora del parere di andare ad Alba. Mancano solo due giorni alla partenza. Io veramente non ci avevo più pensato e non ne avevo parlato in casa. Allora, visto che non avevo impegni, dico a mamma: “Tra due giorni vado ad Alba con Mariuccia a fare gli Esercizi”. Mamma rimane meravigliata e domanda: “Dov’è Alba?”. Io non lo so. Mariuccia risponde: “E’ una cittadina del Piemonte”.

Il 6 settembre Mariuccia Bossi, Mariuccia Fra ed io, con sr Priscilla della comunità di Pavia partiamo per Alba. Il viaggio è un’avventura: le linee ferroviarie sono ancora interrotte, funzionano a segmenti, quindi ogni tanto si lascia il treno e si prende il pulman, e così via fino ad Alba. Lì troviamo un bel gruppo di ragazze.

Che cosa sia avvenuto in quei 4 o 5 giorni, io non lo so: ho seguito le prediche, ho pregato, riflettuto. Dopo gli Esercizi ci siamo fermate altri due giorni dialogando con le suore interessandoci specialmente dell’apostolato. Forse don Lamera e Maestra Giovannina Boffa hanno complottato con il Signore. So solo che al ritorno avevo nella borsetta una busta con le condizioni per essere accettata tra le FSP, alcuni pieghevoli, l’elenco della biancheria e il numero con cui contrassegnarla. Il bello è che anche le due Mariucce avevano lo stesso segreto e nel viaggio di ritorno ce lo siamo confidato.

I nove mesi seguenti, sono stati segnati da incertezza, lotta, preghiera e sofferenza. Ogni tanto parlo con mamma di quanto sto decidendo, ma lei pensa che io scherzi. Però le lettere di M. Giovannina e di M. Antonietta la insospettiscono e mi sequestra la posta proveniente da Alba.

Sr-Adeodata+sr-Bossi

Sr Fausta Bossi e Sr Maria Adeodata Dehò

Le Figlie di S. Paolo in quel tempo avevano fissato per l’accettazione delle giovani un limite di età: 23 anni e io ne avevo già compiuti 22. Man mano che i giorni passavano dentro di me era chiaro che quella era la risposta che dovevo a Dio. Il suo invito: far gioiosamente della vita un dono si illuminava e mi indicava la via. I due miliardi di persone che ancora non conoscevano il Signore diventavano il mio sogno per l’avvenire. L’Istituto, che avevo quasi per caso conosciuto, era docente. Avrei avuto una scolaresca non di trenta alunni, ma il mondo intero al quale portare il Vangelo con i mezzi più celeri ed efficaci. Ma quando dico in casa che ho veramente fatto una scelta per la vita, i miei genitori dapprima increduli, cercano di convincermi a dilazionare almeno la data. La mia famiglia aveva fatto sacrifici per farmi studiare. Io ero la maggiore e dovevo attendere che le tre sorelle e il fratellino crescessero. E poi potevo far del bene anche nella scuola e nell’Azione Cattolica senza farmi suora.

Se il Signore non mi avesse conquistato con la sua Parola e con il suo amore io certamente non avrei avuto il coraggio di lasciare la mia famiglia nel modo che in quel giorno ho scelto.

1946 – 8 giugno. Con un pretesto qualunque vado a Pavia. Mi presento alle Paoline e dico che sono pronta per partire. A casa faccio recapitare una lettera dove semplicemente dico ai miei genitori che parto per Alba.

È quasi mezzogiorno quando si parte per Lodi. Prima tappa l’ospedale dove avviene l’incontro con Mariuccia Bossi che sta assistendo uno zio. Dopo un dialogo concitato, ecco la sua decisione “Parto anch’io per Alba”. La carovana “delle fuggiasche” lascia la città. Tutto sembra un sogno. Era la vigilia di Pentecoste e quella sera in paese tutti dicevano: Camilla e Mariuccia sono “scappate” per farsi suore.

Dal giorno di Pentecoste 1946 incomincia per me una nuova vita: sto diventando una Figlia di San Paolo! L’esperienza, iniziata allora, è ancora in corso. Il Signore quel giorno mi ha iscritta alla scuola del suo magistero, dove lui è l’unico Maestro, è Via e Verità e Vita, è tutto! È un dono così grande che non si può sintetizzare in poche righe. Seguendo le indicazioni e gli esempi di Don Alberione e di Maestra Tecla pian piano ho compreso che non io avevo fatto della vita un dono al Signore, ma lui aveva fatto a me un dono grandissimo: la vocazione paolina! Corrispondere a questo dono significava lasciar vivere: Cristo in me! Tutto il resto? Spazzatura, direbbe S. Paolo.

Il Maestro completa il suo dono quando l’obbedienza mi vuole a lavorare attorno all’Opera omnia di Don Alberione e di M. Tecla. Le loro parole e i loro esempi sono per me un continuo svegliarino. E l’amore per i membri futuri della Famiglia Paolina sostiene la fatica di studiare e trasformare quei dattiloscritti e i nastri magnetici incisi con le loro voci, in edizioni divulgative.

Signore, ti ringrazio con tutto il cuore per questi 65 anni di vita paolina!


Segretariato Internazionale Carisma/Spiritualità – SIS

Sr-Adeodata+sr-Monica

Il SIS offre studi, approfondimenti che favoriscano la crescita spirituale della Figlia di San Paolo; fornisce strumenti che permettano di accostare in modo critico i testi del Fondatore, di M. Tecla, la storia della Congregazione; collabora con la FP alla formazione dell’Opera Omnia Alberioniana; cura la realizzazione e animazione delle iniziative di spiritualità programmate dal Governo generale. Con l’aiuto di un’équipe internazionale, sta realizzando uno studio ermeneutico per approfondire la storia e l’originalità della figura di Maestra Tecla nel suo ruolo di “Madre” dell’Istituto e collaboratrice dell’opera del beato Giacomo Alberione.


Nel Segretariato sono presenti attualmente:
Sr M. Adeodata Dehò, Sr Monica Baviera e Sr Maria Grazia Gabelli.

sis@paoline.org

 

In quel tempo…

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail
In quel tempo frequentavo le suore della Sacra Famiglia, perché aspiravo a una vita “speciale”. Eppure, quando ho trovato l’indirizzo delle Figlie di San Paolo, sentivo il cuore battere forte e ho capito che non avrei potuto aspettare fino all’indomani.
Young Sook M. Paola Kim, fspComunità SEOUL-MIARI (Corea)

Ricordo ancora oggi, a distanza di tanti anni, il bellissimo sorriso di quella Figlia di San Paolo… Lo avevo a lungo ammirato nel libro Biography of sister Laurence che una mia amica mi aveva regalato. Lo aveva acquistato, per caso (ma è stato davvero un “caso”?), da una suora italiana, Lidia Meggiolaro, che era andata in propaganda presso una famiglia americana. In quel volumetto ho trovato un indirizzo e la notizia che le Figlie di San Paolo erano in Corea da qualche mese.

In quel tempo frequentavo le suore della Sacra Famiglia, perché aspiravo a una vita “speciale”. Eppure, quando ho trovato l’indirizzo delle Figlie di San Paolo, ho sentivo il cuore battere forte e ho capito che non avrei potuto aspettare fino all’indomani. E così quel giorno stesso sono andata a trovarle. Mi ha accolto sr Eulalia D’Ettorre. La casa non era bella.

Le finestre erano malandate, con una trapunta scolorita per tenda. Mi veniva da ridere. Ed era piena di topi… Ma non provavo ripugnanza. Anzi, quando sono entrata come aspirante, il primo compito che ho avuto è stato quello di annegare un topo finito nella trappola…

Non facevo molto caso all’ambiente esterno, perché ero conquistata dall’esempio delle suore. Non sapevano ancora parlare il coreano, ma sprigionavano benevolenza e fede viva. Questo mi bastò per decidere di condividere la loro stessa vita in Cristo.

La domenica ero solita andare dalle FSP per pregare con loro. In una di quelle occasioni, sr Eulalia mi comunicò dell’imminente arrivo di sr M. Irene Conti dal Giappone. «Se lei dice di sì, tu entrerai da noi», mi confidò. Io immaginavo sr Irene alta, imponente, almeno come sr Eulalia; invece era molto piccola, ma emanava una grande bontà.

Sono stata accettata come aspirante senza aver prima fatto un’esperienza di convivenza o aver vissuto un tempo forte di esercizi spirituali, come si fa oggi. Ero molto felice, ma nello stesso tempo ero preoccupata pensando ai miei genitori protestanti. Non avevo il coraggio di affrontarli. Così sono andata via di casa senza dire una parola e senza voltarmi indietro.

Nel 1959 – avevo diciannove anni – con il permesso dei miei sono stata battezzata nella Cattedrale di Seoul. I miei genitori mi hanno in seguito confessato di aver sognato di vedermi sposa felice in quella chiesa…

Sr Eulalia era molto preoccupata perché temeva che mio padre appiccasse fuoco alla casa, come aveva minacciato di fare. Per questo chiese alle suore del Perpetuo Soccorso, che abitavano vicino a noi, di nascondermi. Stavo con loro di giorno e di notte rientravo a casa. Questo per circa due settimane. Ma proprio quando il “pericolo” sembrava superato, arrivarono la mamma e mio fratello con il volto triste. Sr Eulalia mi suggerì di partire con loro.

Rimasi tre mesi con i miei. Poi, finalmente, papà mi autorizzò a tornare dalle suore. «Puoi andare», mi disse, «ma solo per i due anni di aspirantato». E mamma soggiunse: «Puoi ritornare in qualsiasi momento, anche prima dei due anni, per te la porta è sempre aperta».

Il cuore mi batteva forte; non riuscivo a contenere quella gioia immensa. Il giorno dopo, su ali di aquila volavo verso la casa di Hukseok-Dong, per cantare «Gloria a Dio e pace agli uomini».

Sono ormai passati 50 anni, ma quei due anni di aspirantato non sono ancora finiti!

Non temere… tu sei mia!

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail
Mi sono identificata con il giovane Alberione che aveva intuito che se la gente non va in chiesa è la chiesa che deve andare alla gente. Come lui ho sentito il bisogno di «fare la carità della verità» a tutti.
Olga Josè Massango, fspComunità NAIROBI (Kenya)

Mi chiamo Olga e sono la prima Figlia di San Paolo del Mozambico. Nata a Maputo nel 1964, sono primogenita di dieci figli e figlie. Mio padre José è sarto e la mia mamma, Maria Massango, è casalinga. Nonostante la povertà, i miei genitori non ci hanno mai fatto mancare il necessario per vivere dignitosamente e ricevere una buona educazione scolastica e cristiana. Per cinque anni sono andata a scuola presso la Parrocchia della Madonna delle Grazie di Xipamanine, dove lavoravano le Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli. La loro presenza missionaria, assieme a quella dei Padri Sacramentini, ha segnato molto il nostro cammino di fede. La scuola era anche un centro di promozione umana aperto alle giovani e alle mamme della zona.

Il Mozambico è diventato indipendente nel 1975, e nel 1977 ha adottato l’ideologia marxista. Molti credenti hanno smesso di andare in chiesa a motivo della persecuzione religiosa e un discreto numero di missionari è stato costretto ad abbandonare il paese.

La Chiesa del Mozambico, però, nonostante la persecuzione, ha cercato nuove modalità per essere vicina al popolo e animarlo nella fede. È stata privilegiata la formazione di un laicato cosciente e responsabile, al quale è stata affidata la priorità dell’accompagnamento degli adolescenti e dei giovani. Questa esperienza ha rappresentato il terreno fertile che ha favorito, prima, il mio impegno di catechista e nell’équipe liturgica della parrocchia e, successivamente, la mia scelta vocazionale.

Nel 1983 le Figlie di San Paolo si sono trasferite da Beira, dove erano arrivate nel 1967, a Maputo perché, a causa della chiusura della libreria, non potevano più svolgere la loro missione in quella città. Per la prima volta, in quella occasione, ho sentito parlare dell’apostolato paolino. L’anno successivo, la rivista Sinal pubblicava la vita di Don Giacomo Alberione in occasione del centenario della sua nascita.

Mi sono identificata con il giovane Alberione che aveva intuito che se la gente non va in chiesa è la chiesa che deve andare alla gente. Come lui ho sentito il bisogno di «fare la carità della verità» a tutti.  Frequentavo abitualmente la libreria paolina e ogni volta osservavo in silenzio le suore e le ragazze che le aiutavano. Un giorno mi hanno regalato un foglietto che presentava la loro missione.

Terminati gli studi ho lavoravo alla Facoltà di Veterinaria come collaboratrice in un progetto di ricerca della FAO. L’ambiente era piacevole, la direzione aveva fiducia in me, il futuro si presentava ricco di prospettive. Ma il mio parroco mi ha aiutata a discernere la chiamata del Signore e a scegliere con coraggio la vita religiosa secondo il carisma di Don Alberione. Sentivo che questa era la strada per essere segno di fede e speranza in Mozambico. Tutto però doveva avvenire nel nascondimento. Se fosse stata scoperta la mia intenzione di diventare suora, sarei stata subito arruolata per il servizio militare obbligatorio o avrei ricevuto un’altra punizione. Così ho fatto tutto il cammino di discernimento vocazionale in segreto, ma con il pieno appoggio della mia famiglia.

Finalmente, nel pomeriggio del 4 febbraio 1985, il parroco mi ha accompagnata dalle Figlie di San Paolo e, dopo un periodo di prova, sono stata accolta in comunità il 20 luglio. Tutte le lezioni e gli incontri di formazione si svolgevano di notte e nei fine settimana, intercalati da momenti di apostolato. È stato un periodo molto bello, in cui ho sperimentato cosa significhi “comunità formativa”.

Ho lavorato all’Università fino al momento della partenza per Nairobi, dove ho continuato la formazione. Per prudenza è stato mio padre a portare la lettera di dimissioni lo stesso giorno in cui avrei dovuto riprendere servizio dopo le ferie. Sentivo il Signore che mi sosteneva: «Non temere, ti ho chiamata per nome, tu sei mia…» (Is 43,1-5).

Sono partita nell’incertezza più totale, anche a motivo della relazione conflittuale che il mio paese viveva con il Kenya. A Nairobi eravamo in tante. Insieme cercavamo di rispondere alla chiamata di Dio, in un contesto sempre più interculturale. Eravamo agli inizi di tutto, e ho avuto la gioia di vedere crescere la comunità, le attività apostoliche, la formazione…

Fatta la prima professione nel 1991, sono rientrata in Mozambico. Nonostante in quegli anni ci fosse la guerra, ho vissuto la gioia di impegnarmi nell’apostolato in libreria e nella pastorale vocazionale. Pian piano sono arrivate le prime vocazioni e il Maestro mi ha fatto sperimentare tanta consolazione: solo Lui conosce il tempo e le grazie di cui abbiamo bisogno. E così, dopo la formazione teologica, ho potuto lavorare nella realizzazione del progetto Bibbia Africana. È stata un’esperienza di forte collaborazione tra noi, con la Chiesa locale e con le diverse organizzazioni di aiuto, nostri partner nell’evangelizzazione.

A un certo punto del mio itinerario di vita e di vocazione, il Signore mi ha chiesto di lasciare il mio paese e andare a Malabo (Guinea Equatoriale), dove la Delegazione della Spagna aveva avviato un progetto temporaneo di aiuto alla Chiesa locale aprendo una libreria e gestendo la biblioteca diocesana. Mi sono fermata lì dal 2007 al 2010.

Attualmente sto ultimando, a Roma, l’anno di formazione sul carisma realizzato a livello di Famiglia Paolina. Vivo questo nuovo dono del Signore con gratitudine, facendo continua memoria delle molte sorelle di diverse nazionalità con le quali ho condiviso la vita durante questi venti anni di vita paolina passati nei diversi servizi (in libreria, nell’editoria, come vocazionista e come superiora, nella formazione delle aspiranti, delle postulanti e delle juniores).

Alla fine di questa esperienza, se Dio vuole, sarò inserita nella nuova Delegazione dell’Africa Australe, di cui il Mozambico fa parte assieme al Sud Africa. Inizierà così una nuova avventura di fede e di rinnovata confidenza nel Signore, che guida la mia storia e mi ama di amore eterno.

Grazie a tutte le superiore che mi hanno offerto tante opportunità per crescere nell’amore alla vocazione paolina.

Grazie a tutte le sorelle e alle giovani che mi hanno insegnato, con il loro esempio, come “essere Chiesa” in una comunità che annuncia il Vangelo a tutti nella cultura della comunicazione.

   

Epifania del Signore 2017

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Dov’è il re dei giudei?   Mt 2,1-12

Tra leggenda e realtà, l’evangelista Matteo ci presenta una delle pagine più affascinanti del suo Vangelo. Non sono tre e non sono re coloro che seguono la stella, ma coraggiosi pellegrini della verità. E come un giorno ebbe a dire Edith Stein: «Chi cerca la verità cerca Dio». Abituati com’erano al silenzio dei deserti, alla contemplazione delle stelle e alla lettura dei segni, i magi si dimostrano capaci di cercare il Mistero; ma anche la loro strada si rivelerà piena di ostacoli…

Pur seguendo la stella, i magi venuti dall’Oriente sbagliano città; invece di andare a Betlemme varcano le porte di Gerusalemme; il loro errore però ha un esito positivo e ci insegna che per conoscere le vie di Dio non bastano le sole intuizioni del cuore, il gusto delle preferenze o la forza del sapere; per trovare «il re dei giudei» diventa decisiva la guida di Dio racchiusa nelle Sacre Scritture. Colpo di scena: anche gli abitanti della città di Gerusalemme sbagliano. Essi hanno le Scritture ma non le ascoltano, non le comprendono e non si muovono a cercare il re annunciato!

Velocemente i magi riprendono il viaggio, ma questa volta illuminati e aiutati proprio dalle Scritture di Gerusalemme; la gioia riaccesa dalla stella li porta fino Betlemme. Sarà l’unica volta che «il re dei giudei» riceverà come doni preziosi l’adorazione e la prostrazione orante di uomini venuti da lontano. Questa atmosfera regale, segnata dall’oro, profumata dall’incenso e dalla mirra, lascerà il passo all’ora drammatica della passione. Come i magi altri uomini cercheranno «il re dei giudei» ma questa volta per insultarlo, sputargli addosso e crocifiggerlo là dov’era stato scritto il motivo della sua condanna: «Costui è Gesù, re dei giudei» (Mt 27,37).

Francesca Pratillo, fsp


ITALIA
Il Natale secondo me #Bibbiattraversolapittura

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail
Dal 7 dicembre al 1 gennaio 2017 sui social Paoline Facebook e Twitter è stato realizzato il concorso Il Natale secondo me. L’invito era molto esplicito: «Questo Natale tira fuori l’artista che è in te! Ti piace la pittura? Ami fare foto e sai come usare pothoshop o altri programmi di fotoritocco? Racconta la “bellezza” del tuo Natale attraverso la foto di un’opera d’arte pittorica abbinata ad una frase della Bibbia».
 
Da secoli il messaggio evangelico corre e si diffonde tra gli uomini utilizzando i più svariati mezzi di comunicazione. Oltre alla parola scritta e parlata, oggi, come secoli fa, importantissima per veicolare messaggi è l’immagine: che sia un quadro, una foto su Instagram, un affresco, una pala d’altare o una flashcard su Facebook, l’immagine ci raggiunge ed interpella senza filtri.
 
Al vincitore del concorso in regalo il volume La Bibbia attraverso la pittura (Paoline), di Gérard Denizeau.