Le sorprese di Dio nella mia vita

Sr Daniela Baronchelli

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Vivo da trent’anni in questa terra. È difficile persino per me comprenderlo, ma oggi sono più innamorata del Pakistan che dell’Africa. ... Mi sento privilegiata a vivere tra questi cari cristiani perseguitati...
Daniela Baronchelli, fspComunità KARACHI (Pakistan)

Valeria è il mio nome di battesimo. Ero una fanciulla felice, a casa, nell’ambiente contadino di Farfengo, un paesino in provincia di Brescia (Italia), gioiosa e festaiola con le amiche e gli amici. Ben orientata a fidanzar- mi e offrire i miei vent’anni al miglior ragazzo del paese: Gino, eccellente cantante e fornaio.

Gesù, però, mi ha sedotta e rapita… In modo inaspettato per Gino e per me. Fresca di fidanzamento, al primo bacio, ho sentito forte la sua voce: “Non qui, non così, ti farò mia per una missione”. E così non ho più avuto relazioni, né con Gino né con altri che mi desideravano come sposa.

Mia sorella Irene era “bambina” (dodici anni) tra le Figlie di San Paolo ad Alba. Lei “combatteva” e io ero arrabbiata, “perché la vita – dicevo − non va sprecata tra le mura di un convento…”. Ma un giorno ho compreso − Dio solo sa come − che proprio nel “convento” delle Figlie di San Paolo Dio mi chiamava per una missione speciale, preziosa, significativa per l’umanità di oggi. E allora sono stata decisa anche con Gino, dimostrando a tutti che dovevo partire presto per impegnare a fondo i miei vent’anni. Da quel dì, nella chiesetta del paese, dove ardeva fervore missionario, non cantavo più: “Manda color che insegnano la retta via del Ciel”, ma: “MANDAMI con color che insegnano la retta via del Ciel”.

Io, prima di sette fratelli, ho lasciato la mamma malata e bisognosa di aiuto, Gino, il paese dove ero attivamente inserita, certa che il Signore mi avrebbe portata in terra di missione, dove la vita paolina sarebbe stata più esigente ma totalmente spesa per Lui e per i popoli che sono diventati la mia pro- fonda attrazione per un servizio di comunicazione vitale.

Lui è stato fedele, magnifico. Costantemente ha continuato a chiamarmi. Mi ha accompagnata nei primi quindici anni in Nigeria, Tanzania e Kenya, dove mi sono profonda- mente innamorata degli africani e ho gioito per l’efficacia della comunicazione sociale ai poveri. Quindici anni di servizio tra la guerra nel Biafra, una povertà enorme, ma anche tanta grazia sperimentata con l’arrivo delle prime vocazioni e un’abbondante diffusione attraverso iniziative nuove, ben viste dalla Chiesa locale.

Era uno splendore la vita paolina in Nigeria! Ma, dopo il Concilio Vaticano II e il discernimento personale, alcune sorelle (italiane, americane e irlandesi) hanno lasciato sia l’Africa che la congregazione. È diventato così impossibile continuare la missione in questo paese perché non concedevano nuovi visti a motivo della guerra. Abbiamo dovuto chiudere la comunità e passare le aspiranti a una congregazione locale. Solo Dio sa e comprende la pena, il dolore, l’umiliazione, la fatica e le lacrime versate. Quante, quante, per essere stata fondatrice e “sfondatrice” della casa di Lagos in Nigeria.

Ma, continuano le sorprese di Dio… Innamorata dell’Africa, ero felice in Kenya, dove sono stata mandata dopo la Nigeria. Arriva, però, all’improvviso il mandato della Superiora generale, sr. Maria Cevolani: «Lascia l’Africa». Dio mio, che novità! E dopo due anni della “Scuola di fede” a Friburgo, vengo inviata nella sconosciuta, difficile e mai sognata, terra pakistana.

Miracolo e grazia! Lui, al quale costantemente chiedevo di imparare il valore del distacco, mi toglieva piano piano l’ambizione di passare tutta la vita in Africa e mi assegnava una nuova missione in Pakistan.

Vivo da trent’anni in questa terra. È difficile persino per me comprenderlo, ma oggi sono più innamorata del Pakistan che dell’Africa. La difficile missione in questa terra islamica dà così tanto valore alla mia vita paolina. Mi sento privilegiata a vivere tra questi cari cristiani perseguitati che con la loro fede e testimonianza mi evangelizzano.
Come Paoline abbiamo un compito, un ruolo, una missione apostolica significativa. Ci sentiamo e siamo riconosciute come Sorelle della Bibbia che lavorano per raggiungere il popolo con la Parola di Dio. Un dono per la nostra vocazione, un impegno, una passione, una scelta del cuore.
Lui mi ha condotta in tutti questi anni; mi ha dato gioia, amore e grazia. La sua tattica spirituale è inconfondibile: chiama alla missione attraverso non pochi sacrifici e chiede sempre distacco.
Lo credereste? Me ne ha chiesto ancora uno, formidabile. Dopo ventisette anni di vita apostolica colma di belle esperienze, relazioni, vocazioni, formazione e leadership in Lahore, la Superiora delegata mi ha detto:
«Alza i tacchi e va’ a Karachi». Ora vivo qui da poco più di un anno, in questa città dove terrorismo e fondamentalismo rendono la vita insicura e difficile, specialmente per i cristiani, apertamente perseguitati.

Mi sento privilegiata nel continuare il sogno e l’amore di Maestra Tecla per le masse povere e agitate del Pakistan.

Tecla e Alberione ci stanno dimostrando protezione e amore, e il Signore sta mantenendo fede al Patto proteggendoci nei gravi pericoli che affrontiamo ogni giorno. Per questo vivo con amore e comunione la grazia della missione in Pakistan, dove le giovani vocazioni danno speranza e vitalità nonostante la mi- seria e le fatiche.

Ho ormai ottant’anni, e sono ancora missionaria. Felice di poter raggiungere tuttora un gran numero di persone con la Parola di Dio, di seminare tra gli alluvionati un libro di preghiere, di canti o un crocifisso. Piccole cose che loro tengono come tesori più preziosi del cibo, perché linfa vitale di vita cristiana e speranza.