Quinta domenica di Quaresima 2017

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Ez 37,12-14; Sal.129; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45

Un amico da “credere”

 

Chi di noi, almeno una volta, non ha provato lo smarrimento degli apostoli durante la tempesta, in mare aperto, quando il Signore sembrava dormire e la barca affondare? E chi non ha gridato, temendo per la propria vita: «Non ti importa che moriamo?». È il mistero del silenzio di Dio davanti alle calamità che possono, vicine o lontane, assediare le nostre fragili esistenze di uomini, chiamati a solcare le rotte della storia. Eppure – in questa domenica ormai prossima alla Settimana Santa – ci viene consegnato un interrogativo ancora più grande. Se il Signore è veramente un amico, perché non fa nulla per risparmiare la sofferenza, il patire e il morire, a coloro che ama? Quante volte, con Marta e Maria, gridiamo la nostra delusione per la sua “assenza” al momento opportuno. Il silenzio apparente, la lontananza e l’immobilismo del Maestro sono il problema. Che razza di amico è?

Eppure Gesù è veramente nostro amico perché non viene a darci quello che vorremmo, ma ciò di cui abbiamo bisogno. Come un vero amico, solidale con noi, non ci sottrae alle difficoltà della vita ma le condivide con noi. Non elimina la morte, ma entra in essa al pari di ogni uomo che soffre. Se il vangelo di Giovanni si apre con i primi due discepoli che “vanno e vedono” dove abita il Maestro per stare con lui, l’ultimo segno del Maestro – prima della passione – è il suo venire e vedere dove si trova l’uomo deposto su polvere di morte. Nel suo pianto riconosciamo il dolore del Creatore. Dal suo grido percepiamo l’annuncio del Figlio dell’Uomo, che squarcerà per sempre il muro di separazione tra Dio e gli uomini: il peccato e la morte. Cristo non ci sottrae dal morire ma ci strappa dalla morte con la “com-passione” di colui che ne condivide la drammaticità, trasformandola.

Anche a noi, Cristo pone oggi la domanda rivolta a Marta di Betania. Beati noi pure se sapremo – dopo esser stati saggiati nel crogiolo della prova – rispondere con la fiducia nel Figlio di Dio, quale amico fedele. Credendo in lui, non vi sarà morte dalla quale non potrà risorgerci… e, vivendo di lui, non conosceremo peccato dal quale non saprà risollevarci. Quale altro “amico” potremmo volere?

Preghiera

Signore, amante della vita e amico dell’uomo,
donaci la grazia di perseverare nella fiducia
anche nella notte del peccato e della morte,
continuando a sperare contro ogni speranza nel tuo amore!

don Massimo TellanParroco di San Giovanni Crisostomo, Roma

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