Quarta domenica di Quaresima 2017

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1Sam 16,1.4. 6-7.10-13; Sal 22; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41

“Un cuore vedente”

 

Il Signore guarda il cuore, l’uomo si ferma all’apparenza; almeno l’uomo che non ha ancora fatto il passaggio dall’essere tenebra al divenire luce in Cristo Signore. E chi resta tenebra non solo non vede se stesso ma neppure gli altri, non andando oltre la superficie del sembrare così spesso effimero e forviante. Chi non si lascia “svegliare” dalla morte tenebrosa del proprio peccato, non ha l’illuminazione necessaria per guardare i cuori e chinarsi sulle piaghe dell’umanità dolorante, rimanendo pronto solo a giudicare e sentenziare su persone e situazioni.

Con certezza il peccato è tenebra, è cecità, è morte da cui solo Cristo può sottrarci, illuminandoci e risorgendoci in lui alla vita di grazia. Tuttavia viene da chiederci, noi pure, da dove venga allora la cecità del dolore, della malattia, che prontamente è condannata da chi, cieco, non sa guardare il cuore? Chi ha peccato perché il cieco nascesse tale?

Troppo spesso siamo ancora portati a guardare, da non vedenti, la sofferenza come una punizione, una condanna, una pena espiatoria di chissà quale colpa commessa da noi, consciamente, o da altri, portandone inconsciamente il peso. Il Maestro oggi ribalta completamente la prospettiva: la malattia non è frutto di un peccato ma “occasione” per la manifestazione dell’agire salvifico di Dio. Non disgrazia ma grazia, per noi e per gli altri!
Quanto siamo ciechi nel non volerlo saper vedere e, vedendolo, accoglierlo. Quanto spesso, appena la sofferenza bussa alla porta della nostra vita, siamo pronti a gridare: “che male ho fatto?”

Occorre, pertanto, la fede del cieco nato che, ancora a tentoni e sulla sola parola di Gesù, va a lavarsi alla piscina di Siloe. Va con la fiducia di chi sa che il Signore lo sta ricreando come dal fango aveva plasmato il primo uomo, santo e immacolato nell’amore. Occorre l’umiltà di riconoscere che siamo ciechi, bisognosi di esser salvati molto più dal peccato che guariti dalle nostre infermità; consapevoli che queste ultime sono opportunità perché si manifesti la gloria di Dio in noi, tanto quanto la prima di testimoniare la misericordia del Signore per noi.

Preghiera

Signore,
illumina il nostro cuore affinché,
contemplando il tuo volto,
possiamo vedere
la nostra e altrui vita oltre
ogni situazione di tenebra!

don Massimo TellanParroco di San Giovanni Crisostomo, Roma

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