Páscoa 2011

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È ancora buio intorno a noi e dentro di noi. Il Maestro è ormai disceso nell’abissale silenzio. E noi? Soli più che mai. Gerusalemme forse non si è neppure accorta che Gesù non c’è più. Davanti ai nostri occhi scorre il fiume dei nostri tradimenti. Come potrà perdonarci? Il sangue innocente è ricaduto su di noi…

Solo una donna non si arrende! La discepola di Magdala non riesce a stare lontana dal suo Maestro e ritorna senza paura al sepolcro. Alle prime luci dell’alba il suo grido scuote il torpore della nostra comunità: «Hanno portato via il Signore e non sappiamo dove l’hanno posto!» (Gv 20,2). Una corsa senza senso ci ha portati velocemente davanti alla pietra tolta. Siamo entrati, abbiamo visto i teli e il sudario, poi la decisione di tornare a casa. Lei è rimasta piangendo e cercando l’Amato del suo cuore (cfr. Ct 3,1-3). Chinatasi verso il sepolcro, Maria vede «due angeli in bianche vesti, seduti dove prima c’era il corpo di Gesù, uno dalla parte della testa e l’altro dei piedi»: «Donna, perché piangi?» (Gv 20,12). La memoria dell’amata, nutrita dalle Sacre Scritture e dalla liturgia del Tempio, porta alla luce il ricordo vivo dei due cherubini che stanno seduti sul propiziatorio dell’Arca dell’Alleanza che, proprio come nel sepolcro, custodiscono tra loro uno spazio vuoto.

Quando l’Arca è posta definitivamente nel Tempio di Gerusalemme, lo spazio vuoto diventa il luogo della gloria, della potenza e della presenza efficace di Dio; e quando nel Giorno del Perdono (in ebraico Yom Kippur) il sommo sacerdote entra nel Santo dei Santi per il rito di espiazione, quello spazio vuoto tra i due cherubini (che il greco biblico chiama hilastērion: strumento di espiazione) si trasforma nel luogo dove Dio cancella l’iniquità del suo popolo (cfr. Es 25,22; Lv 16,15-16). Il vuoto quindi è lo spazio voluto da Dio per continuare a parlare, incontrare e perdonare i suoi figli. Nella luce del mattino di Pasqua, tra gli angeli del sepolcro vuoto, Maria incontra il Risorto, “propiziatorio eterno della Nuova Alleanza” (cfr. Rm 3,25-26) dove l’amore misericordioso di Dio sarà sempre presente fine alla fine dei tempi.


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