L’Immacolato Splendore dell’Amore

Giuseppe Forlai, igs

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Più vado avanti più scompare l’urgenza delle cose, anche di quelle buone, virtuose. Siamo solo formiche che si agitano sotto il cielo di Dio, l’unico ad essere rimasto veramente speciale. Prima avevo più ideali, più sogni, anche apostolici; oggi più che mai mi si aprono gli occhi sulla verità che senza di lui «non possiamo fare nulla». Dove il fare nulla significa pure che senza il Cristo non posso gustare nulla, pensare nulla di significativo per me e per gli altri. La vera soluzione è fare amicizia con questo nulla così da farsi innestare in Cristo senza “se” e senza “ma”. Se manca questo innesto, scriveva don Alberione, «l’uomo rimane un essere incapace e ridicolo». I santi sono sempre così: gente certa di alcune piccole ed elementari verità portate all’estremo dall’amore. Ma chi è questo lui e cosa questo nulla?

Iniziamo dalla seconda questione. Quando apriamo gli occhi sullo splendore del nostro nulla dobbiamo fare una seria precisazione: noi non siamo “nulla” in senso sostanziale (tutt’altro: siamo simili a Dio che riposa tranquillo sul fondo della nostra anima come Gesù sul cuscino della barca durante la tempesta!); ma lo siamo rispetto alla nostra volontà effimera e ai nostri pensieri sbiaditi che rimpiccioliscono tutto a misura della mediocrità nella quale sovente ci sollazziamo. Questo “niente” non è un problema per Dio, ma lo è il far finta che non esista. Accettiamo a occhi aperti il nulla che siamo e ripuliamo la nostra anima in modo che divenga il luogo nitido dove possa risplendere la Grazia.

Ma la Grazia in quale forma? Quella del Crocifisso. Fermiamoci un attimo a pensare: Cristo per redimerci poteva morire in un modo qualsiasi; sant’Alfonso de’ Liguori diceva che se doveva solo riscattarci Gesù sarebbe potuto morire durante la strage degli Innocenti bambini di Betlemme. Ma sarebbe stato un atto di amore diverso: bellissimo e gradito al Padre quanto incapace di ammansire le nostre domande. Invece è voluto morire dopo «supplizi inventati apposta per lui» (Alberione) per farci capire non tanto l’amore quanto la qualità smodata di tale carità. L’esagerazione divina, che rende il suo amore oltre che grande anche nitido, si schianta nel fondo dell’anima nostra inchiodandoci alla verità dell’assioma classico: «chi non si è mai commosso meditando la Passione, non sa cosa sia l’amore»!

Ma il bello deve ancora essere detto: questo Uomo inchiodato al legno, esanime e impotente è proprio colui senza il quale il nostro nulla rimane tale irrimediabilmente. Dell’Impotente per eccellenza abbiamo bisogno: senza di lui nulla possiamo gustare, amare, giudicare. Ecco il paradosso spirituale: dell’Impotente abbiamo bisogno! noi uomini abbiamo legato il Figlio di Dio; per diventare potenti con lui dobbiamo ridurre noi stessi all’impotenza legandoci alla Croce. Ci vuole poco, basta essere onesti. “Legarsi” è “riconoscersi”. «Io sono colui che è, tu sei colei che non è», confidava Cristo a santa Caterina da Siena.

Quaresima: contemplazione del nostro nulla che ci riconcilia con la vita e la morte, con gli errori del passato e quelli degli altri; tempo per ingannare il padrone del mondo che ci tiene prigioniero il cuore facendoci scambiare l’inutile per vero (cfr. F. Battiato).

Pasqua: il risplendere su di noi dell’Immacolato Splendore dell’Amore.

Giuseppe Forlai, igs


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