Conclusione dell’Incontro internazionale di apostolato-economia – sr Anna Maria Parenzan

Sr Anna Maria Parenzan

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Stiamo concludendo queste giornate di grazia nelle quali abbiamo assaporato tante ricchezze carismatiche, ecclesiali, culturali… E soprattutto le ricchezze della nostra universalità.

È sempre una festa quando ci incontriamo e condividiamo la bellezza della vocazione e del nostro convenire da ogni parte della terra. Ed è davvero consolante, e ci apre a una grande speranza, costatare quante sorelle giovani, in ogni continente, si stanno cimentando nell’apostolato editoriale. Penso che quest’incontro, come l’incontro che abbiamo realizzato qui a luglio sul tema della formazione, ci abbia offerto un volto bellissimo e giovane della congregazione, segno di futuro per l’evangelizzazione.

Il Padre buono ci ha accompagnate con la sua benevolenza predisponendo ogni dettaglio: dai relatori che hanno illuminato e offerto forti provocazioni per il nostro cammino, alle ricche e appassionate condivisioni che hanno tracciato delle linee coraggiose per il futuro della missione, alla gioia dello stare insieme…. Sono state giornate impegnative e importanti anzitutto per noi: ci hanno offerto la possibilità di una sosta rigenerante, di un tempo di formazione nel quale abbiamo contemplato il dono, splendido, della missione paolina e in particolare, la “grazia dell’apostolato” editoriale come espressione eminente della docenza paolina.

Insieme abbiamo riscoperto, nella redazione e nell’apostolato editoriale, il cuore della nostra missione. E abbiamo guardato in avanti nella ricerca di nuove vie e modalità per rispondere in modo sempre più efficace e fecondo al mandato che abbiamo ricevuto.

Abbiamo compreso la necessità di prepararci sempre di più, anche professionalmente; di guardare oltre l’orizzonte, oltre le strutture consolidate; di qualificare i contenuti e migliorare l’organizzazione per raggiungere un maggior numero di interlocutori, in particolare i giovani, le famiglie, le donne, e quanti, forse a loro insaputa, sono in attesa d’incontrare il Cristo; di condividere maggiormente le risorse e ricercare la possibilità di realizzare progetti comuni.

Lo Spirito ci ha fatto avvertire la necessità di aprirci a una sempre più vasta collaborazione tra le nostre circoscrizioni, con la Famiglia Paolina (soprattutto la SSP) e a livello ecclesiale; di individuare forme efficaci per accrescere l’interesse per la lettura. E per qualificare la missione, abbiamo sentito l’appello a fare scelte innovative, che ci facciano sperimentare nuovi canali e modalità di produzione. In questi giorni, siamo state provocate a mettere in atto tutta la nostra creatività, intelligenza, energia, perché la Buona Notizia arrivi a tutti.

Abbiamo forse risentito, nel profondo del cuore, quel dolce rimprovero del Fondatore quando ripeteva, con meraviglia e sofferenza, alle nostre prime sorelle (studenti di teologia):

Temo tanto che non arriviate a capire il tesoro che il Signore vi ha posto tra le mani e che non riusciate a prendere l’eredità che il Signore vuole lasciarvi (FSP35, p. 164).

Sì, probabilmente nello scorrere degli anni, a contatto con varie difficoltà e crisi, abbiamo un po’ ridotto il suo pensiero, non abbiamo compreso tutta la larghezza e la profondità della vocazione paolina. E di questo chiediamo sinceramente perdono.

Vorrei avere lo stesso linguaggio mistico e poetico dell’Alberione, quando parlava della missione paolina e, con profonda convinzione, definiva la nostra missione elevata ed entusiasmante; quando dava per scontato che ogni Figlia di San Paolo è «penna di Dio, voce di Dio» (FSP54, p. 255); quando ci equiparava agli evangelisti «mossi e guidati dallo Spirito Santo» (cfr. FSP54, p. 255); quando ci sollecitava a «lasciarci investire dall’azione dello Spirito Santo per dire parole vive…» (cfr. FSP54, p. 256), spiegando in modo plastico, molto simpaticamente, che le parole vive «sgambettano come le rane quando agitano le zampette…».

Condividendo le grandi sfide che ci attendono, abbiamo percepito – forse in modo nuovo – la nostra povertà, debolezza, inadeguatezza nei confronti di una vocazione tanto bella ed esigente. E soprattutto abbiamo percepito in modo più forte la necessità di “entrare nel Patto”, nell’alleanza con Dio, per rispondere, dalla sua prospettiva, agli appelli che toccano la nostra vita e missione.

Non siamo le prime, nella congregazione, a sentire la grande sproporzione tra la chiamata e la nostra realtà sempre molto inadeguata. Ci è di grande ispirazione, anche oggi, la fede di Maestra Tecla. Raccontava sr Rosaria Visco (1916-2005):

Quando don Alberione volle che le suore iniziassero il lavoro di redazione, preparassero i testi di catechismo, dessero vita alla rivista femminile Così, M. Tecla non esitò mai, non dubitò, non si lasciò tentare dallo scoraggiamento. Quante volte noi eravamo scoraggiate e lei ci richiamava con fermezza e decisione ad aver fede in Dio e nelle grazie della vocazione! Se le cose erano difficili, ardue, completamente nuove e umanamente superiori alle forze e alla preparazione, lei sempre diceva: “Dobbiamo mettere fede, ma… di quella! e dobbiamo pregare, perché la preghiera è la forza nostra e la debolezza di Dio”. Viveva e voleva che vivessimo il segreto di riuscita…

E sr Ignazia Balla (1909-2003) ricordava:

Maestra Tecla aveva l’audacia e lo zelo dell’apostola che guarda lontano, sorretta dalla fede e dalla forza di un grande ideale… Ripeteva: «Non dobbiamo mai perdere la convinzione che siamo buone a nulla e che è il Signore che fa».

Davvero, anche oggi, dobbiamo credere che è il Signore che fa, che opera nella nostra debolezza e fragilità.

 

Per una profezia paolina più audace

Nei lavori di gruppo avete cercato come esprimere – nelle Linee editoriali che il governo generale curerà nella elaborazione finale e approverà – la profezia paolina in risposta agli appelli che il Signore ci rivolge in quest’ora della storia. Avete individuato alcuni elementi essenziali che, se concretizzati, daranno un “colore” particolare alla missione e ci aiuteranno a sviluppare un’Editrice Paoline:

– più fedele al carisma (identità),
– più creativa e coraggiosa (metodo/stile),
– più attenta ai bisogni e ai linguaggi di oggi (contenuti)
– più missionaria (interlocutori/nuova evangelizzazione)
– più qualificata (formazione)
– più in relazione (collaborazione)
– più organizzata e sostenibile (organizzazione).

 

«Ora vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia» (At 20,32)

Mentre concludiamo il nostro Incontro, sentiamo tra noi, come una persona viva, l’Apostolo Paolo, l’ispirato scrittore della carità, che ci conferma il mandato apostolico e non solo ci affida la Parola ma affida noi stesse alla Parola, a quella Parola che ci ha generate, ci chiama, ci forma, ci plasma, ci guida, incendia il nostro cuore. A quella Parola che è «un libro come di fuoco»[1].

Siamo affidate alla Parola per diventare sempre di più “donne della Parola”, “donne dell’alleanza”, apostole che con fede e umiltà si alimentano della Parola, tengono “alta la Parola”, rivestono questa Parola con i colori della bellezza, la sbriciolano perché possa toccare i cuori di tutti e possa portare vita, luce, speranza, pace, amore, accoglienza; possa raggiungere le periferie e le nuove frontiere del pensiero, del dialogo profetico con religioni e cultura (cfr. Bozza Strumento di lavoro 11° Capitolo generale, 30).

Apostole della Parola che ravvivano la consapevolezza di essere come «marcate a fuoco dalla missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare» (EG 273) e si impegnano a riaccendere la fede per “parlare le parole di Dio” e comunicare il suo pensiero (cfr. PP, p. 696): è la nostra identità, la nostra fisionomia nella chiesa.

Don Alberione con voce accorata e commossa, sollecitava le superiore nel corso di esercizi di venti giorni del 1961:

Bisogna che si senta lo spirito! Il soprannaturale dobbiamo dare… Fare, lavorare, esigere che scrivano e che stampino e che passino le lunghe sere nell’apostolato, magari per arrivare in tempo, e che si rimettano soldi, si rimetta anche la salute per camminare, per andare… Superiore pensate alla responsabilità! Non possiamo illudere le nostre figliuole giovani. Dobbiamo far sentire che è la verità, è la salvezza che dobbiamo portare al mondo. Qualche volta mi viene anche da piangere, perché io non ho potuto arrivare a tutto, certamente, e mentre devo guardare una parte, l’altra è caduta…. Ma Dio ci ha mandato per questo… Su noi pesano quanti milioni di anime?… Notare bene quello che viene ripetuto: dev’essere spirituale, dev’essere spirituale ciò che diamo nell’apostolato (SdC, p. 300).

 

Grazie a tutte…

Grazie a tutte, per la partecipazione responsabile e coinvolgente.

Grazie alle sorelle dell’Équipe di coordinamento –sr Anna, sr Natalia, sr Gabriella, sr Lucia, sr Shalimar – che hanno guidato con discrezione e sapienza i lavori e non hanno fatto cadere alcun desiderio, attesa, speranza…

Un grazie speciale ai relatori per le loro comunicazioni competenti e appassionate.

Grazie alle moderatrici, alle segretarie dei gruppi, alle sorelle dell’équipe di redazione che hanno saputo interpretare ed esprimere le ricchezze condivise.

Grazie alle traduttrici presenti: sr Teresia, sr Susanna, sr Margaret; e grazie alle diverse traduttrici che hanno curato la traduzione delle relazioni e delle informazioni inviate alla congregazione.

Grazie alle sorelle che hanno redatto le notizie e a quelle del SICOM che le hanno pubblicate sul nostro sito e sui social; grazie alle fotografe.

Grazie alle animatrici della liturgia.

Grazie a sr Lucia Simula e all’équipe che l’ha affiancata nel preparare con tanta cura e creatività i pasti e le merende di ogni giorno.

Grazie a sr Ancy e alle sorelle della Casa generalizia per l’accoglienza, la preghiera e l’offerta quotidiana, prezioso sostegno dei nostri lavori.

 

«Alzati e mettiti in cammino…»

E ora ci “disperdiamo” nuovamente lungo le strade del mondo, sulle orme di Paolo, Alberione, Tecla, per proclamare a tutti la gioia del Vangelo, per “abitare con cuore nuovo lo sconfinato territorio della comunicazione”, per essere autentiche “portatrici del Cristo”, membra vive e operanti della Chiesa… apostole chiamate a fare a tutti la carità della verità.

Ci poniamo in cammino, confidando nella Promessa… e proprio per questa Promessa, possiamo, dobbiamo riacquistare la capacità di sognare.

Papa Francesco ci ricorda:

Siamo eredi dei sogni dei nostri padri, eredi della speranza che non ha deluso le nostre madri e i nostri padri fondatori, i nostri fratelli maggiori. Siamo eredi dei nostri anziani che hanno avuto il coraggio di sognare…. Ci fa bene accogliere il sogno dei nostri padri per poter profetizzare oggi e ritrovare nuovamente ciò che un giorno ha infiammato il nostro cuore. Sogno e profezia insieme. Memoria di come sognarono i nostri anziani, i nostri padri e madri e coraggio per portare avanti, profeticamente, questo sogno (2 febbraio 2017).

I sogni sono importanti. Tengono il nostro sguardo largo, ci aiutano ad abbracciare l’orizzonte, a coltivare la speranza… sono le stelle più luminose, quelle che indicano un cammino diverso per l’umanità… I sogni grandi sono quelli che danno fecondità, sono capaci di seminare pace, fraternità, gioia.

La vita religiosa diventa sterile se perde la capacità di sognare, di pensare in grande.

Portiamo nelle nostre comunità questa capacità di sognare cose grandi e belle per la missione, diveniamo per le sorelle un raggio di speranza, di positività, di certezza che la grazia di Dio continuerà ad accompagnarci e a sostenerci. La fede può compiere, anche oggi, dei veri e propri miracoli.

Maestra Assunta Bassi ci faceva questa confidenza:

Cosa provo, pensando al cammino della Congregazione? Mi domando: come si è potuto fare? E mi convinco che Gesù, il nostro Maestro, ha mantenuto la sua promessa, è stato con noi e ha reso possibile l’espansione della Congregazione e le sue molteplici iniziative apostoliche.

Tutto è avvenuto nello stile di Dio: Lui fa cose grandi nella semplicità, nella povertà, nel silenzio… Il nostro animo si commuove di fronte alla fedeltà e alla bontà infinita del Signore. Non temete! È su di Lui che dobbiamo contare.

sr Anna Maria Parenzan

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[1] Espressione usata da Papa Francesco nella prefazione a un’edizione della Bibbia destinata ai giovani (2015).


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